- Qualunque genere di moda non si limita all’abito ma impone anche gli accessori che per l’uomo una volta comprendevano anche il bastone. In città il legno non serviva tanto a sostenere il passo, quanto piuttosto a mantenere l’idea che chi lo portava rivestiva anche un certo potere. L’impugnatura, spesso d’argento, confermava che il bordone discendeva dallo scettro regale.
Per chi invece si doveva inerpicare per i rilievi il bastone, essenziale per far funzionare meglio le gambe, lo si costruiva scegliendo un bel ramo di albero robusto, dritto il più possibile e magari con una diramazione che fungesse da impugnatura.
Anche i bastoni sono testimonianze degli usi di una volta, pure questi concorrono a farci conoscere come si svolgeva la vita a Sprugolandia e nei suoi feudi. In via Prione il Museo Etnografico ne conserva qualcuno. Di noce o di frassino, comunque di legno che sopporti il peso di chi ci si appoggia sopra, sono arricchiti di decorazioni: lungo il gambo o nell’impugnatura, lavori che segnalano estro e capacità artistiche dei loro padroni che con il coltello, nel momento del riposo, li personalizzavano dando la stura alla fantasia che si coniugava in qualche caso con un’indubbia qualità scultorea. Ad esempio, un’impugnatura è incisa verticalmente per rappresentare le dita della mano che la impugna.
Però, quello che affascina è un bastone di bosso. Lungo quasi un metro, è leggermente arcuato, lavorato per intero, esposto sotto una campana di vetro illuminata che lo fa sembrare d’avorio: incanta tutti, è impossibile resistergli.
L’ho visto la prima volta nell’86 quando il Museo era ancora in via Curtatone. Sono sicuro della data perché avevo appena divorato "Il pendolo di Foucault" di Eco, appena uscito. Il libro parla anche dei Templari, l’Ordine religioso-cavalleresco che Re di Francia e Papa fecero sparire a inizio Trecento. Il Pendolo spesso dice dell’idolo che i Templari erano accusati di venerare: il Bafometto, un capro umanoide che divenne poi nell’iconografia massonica un simbolo della lotta alla Chiesa Cattolica.
Ebbene, nel lavorio di quel ramo di bosso il Bafometto campeggia, ma non è l’unica scultura: come certi che si tatuano su tutto il corpo non lasciando un centimetro della pelle come l’ha fatta madre natura, così non c’è un pezzettino anche minimo di quel legno che non sia stato lavorato per cui lì ritrovi pure i volti di Garibaldi e Cavour, il sigillo di Salomone, lavori d’intarsio e riferimenti alle Logge. L’impugnatura poi è una testa umana scavata per farne fornello da pipa.
Insomma, un gran lavoro di scultura sempre bello a vedersi.
PS: l’immagine che correda l’articolo è tratta dalla copertina del libro “Tradizioni popolari della Lunigiana”
BERT BAGARRE