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Sprugoleria

Sprugoleria

Claquette e galosce, altro che scarpe nuove!

di Bert Bagarre

Ballerini di tip-tap

Non so voi, ma io ho sempre ammirato i ballerini di tip tap. Visti in vecchi film anni Trenta o in pellicole più moderne che riprendono gli spettacoli di decenni prima, mi hanno ogni volta affascinato le esibizioni di quei virtuosi che accoppiavano agli spostamenti rapidi del corpo la pari velocità delle estremità che in confronto i piedi di CR7 sembrano che si muovano al ritmo lento della slow motion. La sinfonia dell’esibizione di quei virtuosi era poi completata dal suono prodotto dalle scarpe che accompagnavano con eguale senso del ritmo le evoluzioni che compivano le suole. A produrre un tale effetto sonoro erano le claquette, delle lamine di ferro circolari che seguivano le curve di tacchi e punte: battuti per terra, producevano la colonna sonora che perfezionava l’efficacia della scena.

Anche il nonno Giuseppe portava le claquette. Non che fosse un ballerino professionista; semplicemente, quello era il modo con cui la gente della Sprugola proteggeva l’integrità della suola delle proprie scarpe, capo di vestiario allora troppo prezioso per esporlo ad eventuali rotture che inevitabilmente avrebbero portato la calzatura dal ciabattino con la conseguente ricaduta sul portafogli.
Eh, già. Le scarpe erano roba pregiata, non come oggi che te le trovi da catale anche con quattro citi. Allora costavano care, erano patrimonio che doveva essere tutelato con la massima attenzione.
In casa nostra c’era, ma penso anche in molte altre abitazioni di Sprugolandia, la forma (me pàe i lo ciamava così), l’attrezzo che i calzolai adoperano per intervenire sulla parte inferiore della scarpa. Il nonno con chiodini e martello, quello caratteristico dei calzolai, fissava la claquette nei punti strategici della suola. Altre volte invece le rimuoveva per sostituirle quando, ormai logore per il tanto camminare, non adempivano più efficacemente allo scopo per cui erano state create.

Altro che passi di danza e volteggi! Quello era il modo per non frequentare calzolerie e ciabattini. Le suole erano importanti e preziose; per proteggerle c’era anche chi passeggiava sul catrame appena versato sulle strade, per creare sulla calzatura un ulteriore spessore protettivo.
E quando poi l’aigoa la vegniva a catinelle, sopra le scarpe il nonno indossava le galosce. Oggi nessuno ne ricorda più il nome, ma allora le avevano tutti: erano soprascarpe di gomma che impedivano che si deteriorasse il cuoio della calzatura: si fosse intriso d’acqua, il piede sarebbe rimasto senza alcun scudo protettivo.
Anche delle galosce un giorno si dovrà dire, un capo che in nessun guardaroba poteva mancare.