- Se ai tanti lettori che ogni giorno seguono il giornale (ma quanti siete! grazie!) chiedessi di alzare la mano se da bambini hanno mai giocato con la trottola, mi troverei davanti agli occhi una vera e propria selva di mani belle dritte. È che quel giocattolo è uno dei primi con cui, ancora incerti e balbettanti nel camminare e nel parlare, ci siamo cimentati, affascinati dal suo movimento vorticoso sull’unico piccolo perno che ha, più agile e spericolata della migliore etoile quando piroetta su se stessa in vertiginosi tour fouettés. Oggi le trottole sono ipertecnologiche, sonore e luminose con tanti colori che repentini si accendono e subito si smorzano e svariano su un’altra tinta fino a che regge l’aire iniziale. Ieri l’abbrivio lo dava lo svelto frullare fra pollice ed indice; ier l’altro a fornire la spinta era una corda arrotolata sul corpo centrale e svelta ad essere svolta: ma lì c’entrava l’abilità dell’attore, non la qualità della pila. Comunque, quale fosse il modello, antico o avveniristico, gli occhi dei bimbi che ci si trastullavano non si staccavano da quei giri vorticosi: affascinati e forse già intenti ad interrogarsi su causa ed effetto. Insomma, la trottola da sempre incanta ed è perciò logico che entri nel linguaggio corrente anche come metafora per rappresentare altre situazioni.
Nell’idioma che madre Sprugola parla (e finalmente dopo tanto dire siamo arrivati alla protagonista della nostra storia settimanale) il nostro giocattolo diventa a brilèa, una derivazione curiosa dal verbo brillare, o prillare, che significa roteare su se stessi. Non ci mette molto che dal bel balocco che incanta i bambini, si passi alla torva minaccia “mia che a te fo zià-e come na brilèa”, avvertimento che non penso tutti comprendano. La frase torva e cupa costituiva uno dei primi atti della rissa, quei duelli rusticani che si cominciavano a combattere mormorandosi nelle orecchie parole di cattivo auspicio. Ma nella lingua che si parla là dove madre Sprugola scorre, la trottola assume anche un altro nome: girella. Questa parola non la troverete nei dizionari che riportano tutte le voci dello sprugolino, ma un centinaio e passa di anni fa era termine corrente per indicare chi dimostrava scarsa coerenza. Erano quelli anni di trasformismo e il riferimento alla politica fa capire chiaramente a quale categoria di persone veniva rivolto un tale epiteto: ai voltagabbana che tanto, troppo spesso s’impegnano per una cosa per poi farne una di genere completamente opposto. Naturalmente, dopo essere stato eletto.
Ma quanti ce ne sono di girella in giro anche oggi!
BERT BAGARRE