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Storie e memorie cittadine nel cimitero di Sarzana

Figure più o meno note di secoli di storia cittadina raccontate attraverso i loro epitaffi.

I protagonisti delle storie raccontate da De Andrè in “Non al denaro non all’amore nè al cielo”, così come quelle di Edgar Lee Masters in “Antologia di Spoon River”, dormivano su una collina con le loro vicende e gli episodi che ne segnarono l’esistenza. Nella Sarzana che ha amato il grande Faber tanto da intitolargli una piazza, chi non c’è più riposa poco fuori dal centro, circondato dai campi fra le mura di un luogo che ospita interpreti più o meno illustri della storia cittadina.
Nel silenzio senza tempo dei suoi stretti percorsi si snodano memorie e tradizioni di una comunità che si ritrova fianco a fianco senza distinzione di classe. Gli Isaac, Emily e Towny Kincaid delle poesie qui hanno i nomi del tenente Sandro Sartori, morto in guerra a 22 anni sull’altopiano di Asiago, oppure dell’ingegnere tedesco Lothar Gassner, scomparso nel 1889 e celebrato da un’epigrafe della famiglia in cui è inciso il conforto nel lasciarlo sotto il cielo azzurro di Sarzana; o ancora la piccola Fanny Franzoni ricordata dai genitori con un significativo bassorilievo marmoreo o l’immagine di una donna depositata sulla tomba del consorte. Fra i cipressi e il ghiaino, fra le eleganti tombe monumentali delle famiglie più importanti e le straordinarie sculture e incisioni, lapidi annerite dal tempo celebrano grandi protagonisti della vitta pubblica del passato.
Nei pressi di uno dei muri perimetrali si trova la tomba di Agostino Paci, di origini amegliesi e discendente da una famiglia lericina, giovanissimo laureato e in seguito chirurgo del San Bartolomeo ma anche attento ricercatore in ambito ortopedico, fortemente voluto nel 1884 dall’allora ministro della pubblica istruzione Bacelli per la cattedra di ‘Patologia Chirurgica’ dell’Università di Pisa. A lui la città ha dedicato una via e una stele commemorativa sormontata da un busto nei giardini della stazione ferroviaria.
Giacciono invece a meno di una ventina di metri l’uno dall’altro due personaggi politicamente in antitesi come Carlo Alberto Biggini e Alfredo Poggi. Il primo fu aperto sostenitore del fascismo, rettore dell’Università di Pisa nel 1941 e Ministro dell’Educazione Nazionale nella Rsi dal ’43 a ’45 ma anche artefice della liberazione del filosofo e giurista Norberto Bobbio che in una lettera indirizzata a Luciano Garibaldi ricordò dell’interessamento del sarzanese Biggini dopo il suo arresto per attività clandestina. E’ invece legata ad una solida convinzione antifascista l’esistenza di Alfredo Poggi, filosofo e politico che può essere considerato uno sei cittadini più illustri del Novecento locale. Insegnante “dalla parola facile e dalla vasta cultura” fu anche assessore e sostenitore di Sarzana come nuova provincia. Perseguitato dal fascismo nel Ventennio fu arrestato con il figlio ed internato nel campo di Bolzano-Gries e nel dopoguerra divenne membro del Consiglio superiore della magistratura. Si adoperò perché i fatti del 1921 venissero adeguatamente ricordati ‘come segno di una resistenza popolare contro l’arbitrio e le prevaricazione della camicie nere’ e a lui è stata dedicata la scuola media ora unificata con la “Carducci”.
Direttamente associata a quell’episodio storico è anche la morte del giovane Paolo Diana, ucciso nella sparatoria alla stazione proprio la mattina del 21 luglio quando intervenì per dar man forte ai Carabinieri che fronteggiavano i fascisti. Caporale di fanteria in servizio a Sarzana è ricordato da un lapide posta presso il muro di cinta nel lato di via Falcinello. “Assurgendo alle passioni di parte – si legge – generoso milite del dovere immolava la giovane esistenza alla concordia nazionale”.
Fra le tombe della parte più vecchia si nota anche l’imponente monumento dedicato a quelli che De Andrè chiama “figli della guerra partiti per un ideale” che qui hanno i nomi e gli sguardi di Rudolf Jacobs, Lidia Lalli, Miro Luperi, Enzo Meneghini, Isio Mattazzoni, Nello Pigoni, Giuseppe Picedi Benettini e tanti altri partigiani sarzanesi seppelliti sotto l’epitaffio “Sacra sia la pace da essi conquistata né più strepito d’armi o grida d’oppressi ridestino generose ombre invendicate”. Guerra che con i suoi martiri e le sue atrocità tocca moltissime storie del cimitero di Sarzana.
Il “Charley che cadde mentre lavorava dal ponte e volò sulla strada” riconduce invece a Michele Petacco, muratore che morì nel gennaio 1880 cadendo da un tetto nel tentativo di spegnere un incendio. “Tu al prossimo desti la onesta vita – scrisse sulla lapide la Società Operaia – egli a te non altro che onore di lacrime. Colmerà Iddio l’impari ricambio”.
Fra le tante storie di sarzanesi che s’intrecciano fra i secoli e ora risiedono fianco a fianco ha particolare rilievo anche quella del canonico mazziniano don Carlo Chiocca, un “bombarolo” sui generis per citare ancora De Andrè, al quale lo storico e scrittore Pino Meneghini ha dedicato ampi passaggi nei suoi libri “Con il Re, con Mazzini con Garibaldi” e “I segreti di Sarzana, cronache, personaggi, eventi di  una storia nascosta”.
Nato nel 1818, discendente di una nobile famiglia, entrò in seminario a quattordici anni, spinto controvoglia dai genitori. Incline alla matematica e alla fisica diventò prete a pieni voti e approfondì in seguito lo studio della chimica applicandolo alla composizione di polveri piriche e fuochi d’artifici. La fede politica repubblicana e la sua militanza nel partito d’azione mazziniano prima e garibaldino successivamente, lo spinsero all’utilizzo delle sue invenzioni nella produzione di ordigni bellici fra cui una bomba a percussione che nel 1858 venne usata nell’attentato a Napoleone III. Fu un convinto sostenitore di Giuseppe Mazzini che proprio a Sarzana ordì alcuni dei suoi moti più importanti sapendo di poter contare proprio su Chiocca.
Alla sua morte, nel 1876, massoni e repubblicani eressero in suo onore un monumento, (divenuto in seguito meta di pellegrinaggi), anche grazie al contributo di Giuseppe Garibaldi il quale inviò personalmente n messaggio di cordoglio e mille lire, testimoniando l’importanza del personaggio molto noto anche al di fuori dei confini sarzanesi.
Solo alcune delle diverse esistenze che raccontano la storia di un territorio, fra eroi e cittadini comuni che hanno lasciato una traccia significativa a tutta la comunità. Memorie di una città custodite da sculture sontuose o semplici croci di legno.

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