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Lavori anche nella casa colonica

Una vigna per il reinserimento, il progetto della Cardinale Maffi

Agricoltura sociale come approccio riabilitativo, all'Olmarello piantate le prime 'barbatelle' con Andrea Marcesini. Passani: "La vera sfida è quella del lavoro". Due nuovi appartamenti per favorire il reinserimento nel tessuto sociale.

Presentazione dei nuovi progetti della struttura Cardinal Maffi

“Insieme possiamo fare il bene di tutti coloro che sono coinvolti in questa avventura”. Giovanni Paolo Benotto, Arcivescovo di Pisa, ha concluso così la lunga mattinata dedicata oggi alla presentazione dei nuovi progetti dell’unità operativa “L’Omarello” al confine fra Castelnuovo Magra e Luni, residenza psichiatrica della Fondazione Casa Cardinale Maffi che punta su contesti non medicalizzati per la cura e l’inserimento lavorativo. Un passo è stato infatti compiuto con l’impianto delle prime 17 barbatelle di uva da tavola, alle quali presto si aggiungeranno le molte altre di Vermentino che andranno a comporre un vigneto attorno alla vecchia casa colonica. Questa sarà invece al centro di un progetto di riqualificazione, che porterà alla realizzazione di due appartamenti con dieci posti letto per favorire il reintegro e il reinserimento delle persone nel proprio contesto sociale. “Oggi non si sta concludendo qualcosa – ha osservato Monsignor Benotto – ma sta iniziando un percorso di crescita che si compirà grazie a strutturazione, competenze e attenzioni coordinate”.

Un’idea quella del vigneto, partita da ‘fuori’ cioè dall’intuizione del produttore locale Andrea Marcesini dell’azienda agricola “La Felce” a testimonianza della sinergia fra struttura e territorio, così come confermato nei due momenti odierni. Il primo con l’impianto delle barbatelle alla presenza anche degli alunni dell’agrario Arzelà e dell’assessore regionale all’agricoltura Mai, la senatrice Pucciarelli e il presidente dell’Enoteca Regionale Marzo Rezzano, e il secondo presso il centro sociale di Molicciara con la tavola rotonda che ha visto gli interventi di tutti gli attori principali dei progetti.

“Lo scopo che ci siamo posti – ha iniziato Franco Falorni, presidente della Fondazione – è quello di far star bene le persone che abitano la struttura. Non li chiamiamo ospiti ma fratelli e sorelle preziose e con loro operatori e famiglie. Deve esserci reciprocità con la comunità di riferimento e l’idea della vigna è nata proprio con un’intuizione venuta da fuori, deve esserci osmosi fra le parti. La sostenibilità economica è importante ma le strutture devono entrare nei territori che le ospitano”.
“I nostri programmi terapeutici sono ritagliati sulle esigenze delle persone – ha proseguito Raffaele Carissimo, direttore sanitario dell’unità operativa Olmarello – e improntate al rientro sui territori e nelle famiglie. Ringraziamo Asl 5 che da anni promuove incontri mensili”. Ad illustrare il progetto di riqualificazione della casa coloniale è stato invece il direttore generale della Fondazione Massimo Rapezzi: “E’ fondamentale ottimizzare le risorse e far esprimere le capacità delle persone – ha detto – non offriamo mero assistenzialismo ma aiuti e stimoli grazie anche alla forte integrazione fra equipe e servizi territoriali e alla flessibilità del modello organizzativo. I soggetti ‘passivi’ hanno un costo mentre quelli attivi diventano risorse, passando così da un welfare ‘assistenzialistio’ ad uno ‘generativo’. Sarà un progetto virtuoso con appartamenti che risponderanno alle esigenze della struttura”.
Il nome completo dell’iniziativa “Una vigna per rinascere, custodi a 360°” è stato invece spiegato dalla coordinatrice esecutiva Silvia Marcesini: “Ci è stato suggerito da un fratello prezioso che ha riassunto in pieno il significato del progetto come occasione di rinascita mentre ‘custodi’ è venuto da Andrea Marcesini come tutela delle tradizioni del territorio. Il “360°” è stato invece aggiunto da Pier Paolo Passani facendo riferimento alla legge 180 “Basaglia” alla quale noi vogliamo andare oltre anche con l’agricoltura sociale come approccio riabilitativo”.

“Questa sfida è difficile e importante – ha osservato lo stesso produttore Marcesini, abituato ad un tipo di viticoltura mai adagiata sui meccanismi consolidati – ce la metterò tutta in primis per queste persone. La villa che oggi ospita la struttura un tempo era una realtà agricola autosufficiente e faceva vivere una parte del territorio, oggi torna ad un passato e a una produzione che dobbiamo difendere”.
“Un giorno si brinderà con il nostro vino” ha sottolineato l’assistente sociale Giulia Battiato leggendo le parole di famiglie, operatori e ospiti della struttura, mentre in rappresentanza di Asl5 il responsabile del dipartimento di psichiatria Passani ha puntualizzato: “La vera sfida è quella del lavoro. Se queste iniziative non si traducono in posti occupazionali allora restano all’interno delle mure dell’unità. La sfida da vincere sarà arrivare alla vendita all’esterno di queste bottiglie di vino”.

Infine gli amministratori: “Si percepisce da sempre la sensibilità del personale di saper ascoltare e interloquire – ha affermato il sindaco di Luni Alessandro Silvestri – è fondamentale la capacità di prevedere il compito che queste strutture avranno nell’esternalizzazione dell’attività lavorativa delle persone”. “Non ci prendiamo il merito di cose fatte da altri – ha aggiunto il vicesindaco castelnovese Luca Marchi – e cogliamo l’invito ad essere alleati della Fondazione per progetti importanti come questo che mettono sinergia tutti gli enti di un territorio con una realtà che è importante anche sotto il profilo lavorativo. È fondamentale sottolineare l’integrazione della struttura con il territorio e una delle nostre eccellenze come il vino”. Ampia vicinanza al progetto è stata infine espressa dal presidente di Cia Alessandro Ferrante che ha posto l’accento sulla possibilità di dare dignità e futuro lavorativo alle persone che sono nell’unità dell’Olmarello.

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