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"Un biodigestore non è la centrale di Chernobyl"

L'assessore Giampedrone affronta il tema che anima la Val di Magra: "Solo costruendo gli impianti si fa il salto di qualità nel ciclo dei rifiuti. L'alternativa il compostaggio di comunità? Mi viene da piangere".

Giacomo Giampedrone

“Il salto di qualità lo si fa solo costruendo gli impianti. Noi puntiamo ad avere un sito di trattamento meccanico e un biodigestore per ogni provincia ligure”. L’assessore Giacomo Giampedrone lo ha ribadito questa mattina all’incontro “RISORSA RIFIUTO: strategie per un gestione virtuosa di una risorsa, i rifiuti”. Tavola rotonda con il sindaco Peracchini, l’assessore Casati e l’ex amministratore unico di Acam Gaudenzio Garavini. A questi spetta parlare del prima e di come in questi anni il sistema sia cambiato portando a una quota di differenziata per la provincia spezzina che ne fa un modello per tutta la Liguria.
L’assessore regionale, prima di essere richiamato a Genova dall’allerta rossa in arrivo su metà regione, ha invece incentrato il suo intervento su ciò che verrà. “Non ci si può fermare qui perché non abbiamo ancora la possibilità di chiudere il ciclo dei rifiuti – ha spiegato – Oggi il mercato è disposto a fare degli investimenti, che non significa costruire termovalorizzatori. Non perché io sia contro di principio, visto che in regioni a noi vicine hanno garantito risultati che loro portano a buona ragione come un vanto. La Liguria ha fatto scelte diverse perché pensavamo di non essere pronti ad affrontare questo tema. Però nel frattempo usiamo gli impianti del Piemonte per evitare che Genova si riempia di rifiuti”.

Il passo successivo secondo la Regione è costruire un biodigestore e un sito di trattamento meccanico per ogni provincia. I primi per accogliere l’organico e il secondo per il residuo. Quello spezzino sul territorio di Vezzano Ligure, comune a guida di centrosinistra, al confine con Santo Stefano Magra, anch’esso a trazione democratica. “Ma i siti li individuano i presidenti delle Province – sottolinea Giampedrone – Un discorso lineare che è stato sostenuto dai presidenti di ogni colore. Se però oggi non facciamo gli impianti i costi per la comunità aumentano. Se mandiamo fuori provincia a lavorare questi rifiuti, rimaniamo in perenne emergenza. Dal 2013 siamo in emergenza e non possiamo pensare di godere sempre dell’ospitalità degli altri presidenti di Regione. Il salto di qualità a questo punto si fa solo costruendo gli impianti. Il quadro è aperto alle riflessioni della politica, dei cittadini, degli stakeholder e ai privati. Sì, non sono esclusi impianti privati sul nostro territorio”.

In sala ci sono anche rappresentanti del Comitato No biodigestore. A loro si rivolge Giampedrone: “Un biodigestore non è la centrale di Chernobyl – dice – Quando sento dire che esiste un’alternativa e questa è il compostaggio aerobico di comunità mi viene da piangere. Credo che gli ambientalisti la pensino come me, perché lo sento dire da loro stessa ogni volta che partecipiamo insieme ai convegni sul tema. Aggiungo un ulteriore elemento, ovvero il dialogo che si sta instaurando tra le Regioni e l’Arera. A loro stiamo proponendo come condizione primaria che la presenza di un impianto debba essere vantaggioso per i cittadini che ci convivono. Serve un ristoro economico più alto per i residenti. Credo che l’agenzia possa fare un salto di qualità su questo argomento. Solo così si scardina il principio not in my neighborhood“.
“In Italia esistono già duecento impianti di questo tipo – sottolineerà Guadenzio Garavini – E certo stiamo proponendo l’acquisto delle proprietà di coloro i quali vivono vicino alla zona scelta per costruirlo. Non può esserci vicinanza con le abitazioni private. Su questo è importante non fare un dibattito a singole voci, ma riuscire ad instaurare un dialogo per arrivare a delle soluzioni. Ci deve essere un obiettivo comune. Non fa onore a nessuno drammatizzare questo tema”.