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Sprugoleria

Sprugoleria

Ultimo dell’anno, come sono cambiati i festeggiamenti spezzini

di Bert Bagarre

Import 2018

C’è un gran fermento, come del resto dovunque nel mondo, che corre per Sprugolandia. Frenesia che si rinnova ogni anno, mix di voglia di divertimento ed insieme di voltare pagina, qualunque possa essere stata l’esperienza degli ultimi 365 giorni. E che cosa c’è di meglio per festeggiare l’arrivo di giorni comunque nuovi, se non abbandonarsi per l’ultima notte di un anno che muore, alla festa? Diceva un poeta latino che ci sono momenti in cui la bevuta è quasi obbligata così come il battere con i piedi la terra nel ritmo del ballo.
Dunque, fra un paio di giorni grande festa che ognuno festeggerà come preferisce essendo vincolato solo dall’impegno a divertirsi.
Una volta da ‘ste parti si sprecavano balli e cotillons: nei teatri, nelle sedi delle associazioni, nei locali della Pubblica Assistenza. Ogni posto chiuso fra quattro mura con dentro qualcuno che suonava, era buono per aspettare l’arrivo dell’ultima mezzanotte, magari dopo una cena sontuosa al buffet della stazione che a quei tempi là avrebbe fatto incetta di stelle Michelin se solo allora quella guida fosse esistita.
Dico di tanti e tanti anni fa prima che l’evolversi dei tempi non suggerisse nuove soluzioni per trovare il giusto sfogo all’effervescenza che ci connota ‘sti giorni.
Da diversi anni in molti (io non manco) si ritrovano per le strade della Sprugola per sentire la musica: con band, con dj più o meno improvvisati, con cantanti cui nessuno fa caso se, intonando un do di petto, incappano in una stecca.
Segno dei tempi.
L’importante è avere un ritmo che ci faccia muovere più o meno bene piedi e fianchi.
Poi, all’approssimarsi dell’ora fatidica, come dal nulla compaiono nelle mani di ballerini e spettatori bottiglie di spumante, spuntate come d’incanto con i bicchieri, fuori da borse e zaini. E chi ne fosse sprovvisto, state certi che quarcò da beve i lo trova sempre: chi vuole festeggiare divide il suo goto anche chi non conosce.
Anché il luogo più delegato alla grande festa è la Piazza Verdi che si riempie di popolazione di ogni età, i cavei gianchi essendo quasi pari nel numero ai più giovani ché l’allegria è per sua natura transgenerazionale.
Regnano brio e spensieratezza, buon umore e vitalità: l’obiettivo di tutti è fare baldoria.
Unica cosa che contrasta con questo clima di felicità diffusa, è il vedere dei dissuasori pieni di cemento a sbarrare le vie d’accesso alla piazza.
Non ci siamo abituati; piccolo centro li vediamo solo in grandi occasioni come San Giuseppe o, appunto, l’ultimo dell’anno; nelle grandi città europee sono da tempo parte integrante del paesaggio.
Segno dei tempi.

BERT BAGARRE