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Sprugoleria

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Riomaggiore, le corna e il parroco con la lingua troppo lunga

di Bert Bagarre

Riomaggiore

Quarche savo fa avemo dito di quanto successe a Vernazza nel luglio del 1979, mese veramente terribile per la propaggine estrema di Sprugolandia sul mare.
Infatti, nello stesso tempo ci fu un altro episodio bollente a Riomaggiore, borgo il cui parroco era troppo ciarliero.
All’inizio dell’estate il don dice a un giornalista che fra i fedeli della parrocchia composta in massima parte da marittimi che stavano mesi e mesi lontani da casa, era naturale che crescessero le corna: a ma-ì e mogè.
Sulla confidenza il cronista fa un articolo molto pepato, soprattutto perché le parole del reverendo si basavano su informazioni certe, così che in chi legge sorge il sospetto che si siano violati precetti sacrali.
Comunque, dopo un po’, l’articolo viene in mano ad un anziano marittimo ormai pensionato che sbatte il giornale in faccia alla sposa, neppure lei di primo pelo, chiedendole che cosa mai le mogli di Rimazù i-eno andà a conta-e ar paroco.
È così che inizia una bella gazzarra che obbliga il prete a scusarsi con i fedeli durante le omelie sostenendo di essere stato frainteso. Ma una popolazione intera subito scende in piazza a tutela della propria reputazione, pronta a giurare sopra qualsiasi cosa, sulla propria astinenza come arra alla fedeltà coniugale mai tradita nonostante la fatica che costava.
In campo scende anche il sindacato con il segretario dei marittimi che la butta in politica accusando il reverendo di interessarsi delle infedeltà coniugali solo della povera gente, trascurando invece i peccati commessi all’interno delle case delle famiglie abbienti.
Sembra così che la questione delle corna, in quel momento a Riomaggiore, sia una questione di classe, ma fra la gente del borgo cresce l’irritazione che diventa vera e propria rabbia quando il popolo di Rimazù si dice pronto a dar vita ad un Comitato di Salute Pubblica per salvare la propria buona fama e, soprattutto, per “dare addosso al prete” che cerca di gettare acqua sul fuoco affermando che è stata tutta un’invenzione del cronista che appartiene ad una categoria che, è notorio, è pronta ad inventarsi di tutto pur di vendere il proprio prodotto: affermazione che evidentemente riempie di felicità chiunque lavori in un giornale.
La storia finisce poi con la dichiarazione di un comandante di rimorchiatore per cui certe questioni vanno discusse e risolte da ciascuna coppia all’interno della propria abitazione, e non divulgate in piazza perché, così facendo, afferma, “ci siamo fatti la fama di una comunità di cornuti”.
S’ignora come finì la storia, ma tutti assicurano che con il parroco nessuno più si confidò.