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Luci della città

Piedi piantati a terra… ma la testa nel mondo

di Giorgio Pagano

Pontremoli, Castello del Piagnaro (2017)

L’idea della cooperativa di comunità “Valli di Ziri” di Piagna di Rossano nel Comune di Zeri è quella di sviluppare una filiera corta locale legata alla pecora e alla valorizzazione delle biodiversità locali. Si lavora, in collaborazione con un’altra cooperativa di comunità -quella di San Casciano dei Bagni-, al recupero delle lavorazioni tradizionali della lana, che grazie all’e-commerce potrebbe favorire lo sviluppo di microeconomie locali. La rete nata attorno a questo progetto aiuterà anche l’erogazione di alcuni servizi pensati per gli anziani e le fasce più bisognose: dalla diagnostica e la tele-medicina alla distribuzione dei medicinali, fino alla consegna della posta e della spesa. C’è attenzione anche al recupero della tradizione gastronomica legata all’utilizzo dei prodotti tipici, in chiave turistica in un territorio già ricco di storia e bellezze naturali. Il tutto si lega alla lotta al dissesto dei terreni e al recupero del patrimonio edilizio rurale. La Regione Toscana ha finanziato il progetto per 45 mila euro, il costo complessivo è di 65 mila euro.
A Guinadi invece, nel Comune di Pontremoli, il progetto della cooperativa di comunità che coinvolge tutto il borgo, è nato intorno al progetto di rilancio di un locale di aggregazione. L’unico locale di ritrovo del paese infatti, il bar dell’antica cooperativa di consumo fondata nel 1919, rischiava qualche anno fa di chiudere. A quello si sommano altre idee, tutte comunque legate al miglioramento dei servizi per i residenti. E’ stato riaperto da qualche anno un locale balera, all’interno dell’ex ufficio postale, e quello spazio si vorrebbe adesso far diventare polivalente, ristrutturandolo in modo da poter accogliere un presidio ambulatoriale per i medici di base, una palestra per la terza età, un laboratorio di didattica per gli alunni delle scuole, ma anche servizi per la raccolta di ricette e ritiro di farmaci, per l’accesso alla prenotazioni on line di visite specialistiche, per pagamenti on line… E poi c’è l’enogastronomia anche in questo caso, con corsi -per i turisti, ma non solo- di cottura con i tradizionali ‘testi’ di ghisa, su cui la cooperativa ha già maturato ampia esperienza. E’ stata realizzata anche un’area attrezzata nel bosco per il periodo estivo, per eventi ed incontri in occasione del ritorno di chi dal paese anni fa è emigrato altrove e dei loro figli. Costo stimato quasi 70 mila euro, di cui 49 mila finanziati dalla Regione Toscana.

IL NORD RICCO DA SOLO DIVENTERA’ UN SATELLITE DELLA GERMANIA

Rispondo in questo modo ad alcuni lettori hanno condiviso l’articolo di due domeniche fa (“Fine della civiltà contadina e fine della modernità. Riflessioni dal monte Gottero”) e mi hanno domandato se ci sono esempi di rinascita delle zone di montagna e interne o se dobbiamo rassegnarci allo spopolamento e al loro abbandono.
Certamente esempi ci sono, ne ho appena scritto. Lo stesso progetto sul recupero dei sentieri e del patrimonio boschivo del Gottero, presentato il 27 luglio sul monte Pitone, raccontato in quel mio articolo, è un bell’esempio di quel che ho definito “la cura di ciò che resta”.
Raccontando questa progettualità locale dobbiamo però avere un’avvertenza: ormai il problema dello spopolamento e dell’abbandono non riguarda solo la Lunigiana o la Val di Vara. E’ una grande questione nazionale. Due settimane fa ho scritto dell’Aspromonte: ma è gran parte del Sud che si sta spopolando. I giovani se ne vanno dal Sud e dalle aree marginali del Paese sia perché manca il lavoro sia perché mancano i servizi.
Gli esempi di rinascita stanno a significare che, pur dentro una grande sofferenza, c’è una vitalità che punta a restare, non a fuggire. Ma a questa vitalità servirebbero politiche nazionali e regionali di supporto. Servirebbe un grande disegno nazionale, e politiche conseguenti delle Regioni.
Invece si punta a far star meglio chi sta bene, dimenticando chi sta male. L’esempio è il progetto di autonomia che sta venendo avanti: una secessione mascherata, una sorta di assicurazione per Lombardia e Veneto, mentre il resto del Paese va sempre più indietro. I ricchi costruiscono fortini attorno al proprio benessere, mentre i poveri vanno a ramengo. Ma così è tutto il Paese che va a ramengo: immaginare economie regionali separate in un Paese nel complesso debole significa candidarsi a diventare staterelli satelliti della Germania. Le regioni ricche del Nord senza il Sud, senza le aree interne dell’Appennino, non vanno da nessuna parte, se non, appunto, verso la subalternità nei confronti della Germania.
Ma non arrendiamoci: molte cose, lo abbiamo visto, si possono cercare di fare nei territori, dal basso, con il sostegno di qualche Regione “illuminata”.

LE COOPERATIVE DI COMUNITA’

Un importante terreno di iniziativa è quello delle cooperative di comunità, di cui ho scritto più volte in questa rubrica. Ritorniamoci sopra: che cosa sono le cooperative di comunità? Lo abbiamo appena visto a Piagna di Rossano e a Guinadi: un insieme di persone che lavorano per il bene comune. Gli esempi pilota sono quelli delle cooperative di comunità che, nell’Appennino tosco emiliano, hanno rilanciato i due piccoli borghi di Succiso e di Cerreto Alpi. L’emigrazione è cessata, grazie allo sviluppo di un’attività turistica basata sulla valorizzazione dell’identità culturale dei luoghi.
Ma le cooperative di comunità non servono solo in montagna: servono anche in pianura e nei quartieri delle città, ovunque ci sia la necessità di ricostruire un tessuto economico e, prima ancora, culturale.
Pier Angelo Mori, ordinario di Economia presso l’Università di Firenze, nel saggio “Le cooperative di comunità”, afferma che quando si parla di comunità, non si intende un gruppo di persone con interessi affini, ma una comunità di “residenti all’interno di un territorio”, il cui interesse per il bene/servizio nasce dal fatto che vivono in quel luogo. L’obiettivo della cooperativa non è rispondere dunque ai bisogni di un gruppo sociale ristretto, ma ai bisogni della comunità. Per Mori le cooperative di comunità possiedono tre requisiti: sono controllate dalla comunità, offrono o gestiscono beni di comunità, garantiscono a tutti i cittadini un accesso non discriminatorio: “Siamo di fronte ad una cooperativa di comunità quando, in presenza di un territorio in condizioni di vulnerabilità e di un fabbisogno specifico, si sviluppa un’attività economica finalizzata al benessere collettivo e non a quello della massimizzazione del profitto”.
La definizione di scuola è che “la cooperativa di comunità è uno strumento attraverso il quale le persone, le imprese, le associazioni e gli enti locali possono costruire risposte ai propri bisogni o far crescere idee e progetti per migliorare la qualità della vita delle persone e della comunità nel suo complesso”.

LA LIGURIA FACCIA COME LA TOSCANA

Ritorniamo a Piagna di Rossano e a Guinadi. Ho scritto di progetti finanziati dalla Regione Toscana. Quella Regione ha deciso infatti di finanziare con un milione e 200 mila euro venticinque progetti di altrettante cooperative di comunità. C’è chi punta al turismo sostenibile o alla valorizzazione dell’ambiente o dei beni culturali del posto. C’è chi pensa all’agricoltura, alla pesca o alla promozione di altre eccellenze enogastronomiche. Tutti investiranno comunque gli utili in servizi ai residenti o per la manutenzione di sentieri, strade, arredi urbani ed altri beni comuni.
“Piedi piantati a terra… ma la testa nel mondo”. Il motto della cooperativa “Valli di Ziri” a Piagna di Rossano è forse la migliore sintesi di quello che le cooperative di comunità sono o possono diventare: comunità di gente legata al territorio, decisa a rimanere a vivere lì in quei borghi o aree oggi marginali, pronta a fare squadra a difesa anche delle tradizioni e delle antiche economie locali, ma con l’intelligenza di non rinchiudersi in se stessi e guardare invece oltre i confini del proprio paese, connessi al resto del mondo con la testa e sfruttando anche l’opportunità offerte da internet e dalle nuove tecnologie.
E in Liguria? Nel 2015, quando era Presidente della Regione Claudio Burlando, fu approvata una legge sulle cooperative di comunità. Esperienze di base sono nate in tutta la regione ed anche nella nostra provincia. Bisogna che la “petizione di principio” della legge si traduca in concreti impegni di spesa nel bilancio regionale. Ma se ne parla troppo poco.