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Sprugoleria

Sprugoleria

Lepegae, il verbo dialettale degli adolescenti

di Bert Bagarre

Uno scorcio autunnale dei Giardini Pubblici

Non so quanti conoscano la nostralissima parola leppo che indica l’untume prodotto da un vapore fumoso e puzzolente.
È, come detto, un vocabolo dell’idioma tricolore che entra poi nella parlata della landa della Sprugola. Infatti, da leppo scaturisce il termine assolutamente sprugolino lepego. Ma non si dimentichi la comune matrice latina e greca che apparenta i due vocaboli.
Grasso e unto, è cosa più che nota, producono uno sporco che occorre fregarci sopra proprio per benino per mandarlo via: il nostrano lepego che la mamma, quando mi insaponavo nella vasca da bagno (box doccia e bagno schiuma erano di là da venire) mi diceva di lavorarci sopra di gomito con la Palmolive profumata e di sfregare con molto scrupolo perché altrimenti lo sporco sarebbe rimasto attaccato.

Se non dimostravo adeguata solerzia nello struscio, ecco che mi minacciava di ricorrere all’uso della striglia manco fosse una stalliera. Se mi mostravo reticente di fronte ai suoi diktat, al primo avvertimento subentrava l’altro ben più terrificante di avvalersi della tremenda pietra pomice, quella cosa dura che si strofina forte per nettare una superficie.
Proprio da questo sfrigolo nasce il modo di dire pomiciare (quello che la parlata anglosassone chiama petting, una robetta da cuccioli) per indicare l’amoreggiamento dei fidanzatini che si sfregano nelle loro affettuosità con l’identico impegno con cui ci si libera dalle impurità senza dimenticare che, nel caso dei primi amori, la metafora rappresentata dall’affetto si trasforma nella descrizione dell’attività pratica che si scatena non appena il buon Peynet diventa un focoso don Giovanni.

A Sprugolandia, tuttavia, mai si usò pomiciare per definire lo svolgimento del sentimento amoroso: qua si dice lepegae.
Cercare una frasca ombrosa che fungesse da riparo era la start up del percorso per arrivare a questo verbo che, sconosciuto al di fuori della nostra landa, è il corrispettivo dell’italico lemma appena detto. Lepagae, però, succedeva una volta. Oggi non più, conseguenza del cammino che, attraverso le tappe di educazione rivoluzione libertà, ha portato all’affrancamento sessuale ed alla dissoluzione delle antiche parole del flirt: oggi la parlata sprugolina usa il verbo limonae per definire la liturgia dell’affetto. Chi è interrogato sul perché, spiega che stando abbracciati sulla panchina, meglio se circolare, dei giardinetti gli spavicci si torcono come quando si strizza un limone fino in fondo ché non vada smarrita la minima stilla di quell’umore. Comunque: cambiano i tempi, mutano i lessici, ma il concetto resta sempre eguale.