LA REDAZIONE
Scrivici
PUBBLICITÀ
Richiedi contatto

Materia facoltativa

La scalinata Cernaia e il suo (e nostro) destino

di Piero Donati

Via Cernaia

Nella storia urbana della Spezia il cinquantennio che va all’incirca dal 1880, anno in cui si inaugura il Politeama, agli anni nei quali fu programmata l’espansione dell’abitato verso est, previa rimozione del Colle dei Cappuccini (e del Politeama), sono indubbiamente i più importanti, tanto da caratterizzare ancor oggi il volto della città. In questi anni alle tecniche edilizie tradizionali, basate sull’uso della pietra da taglio, subentra il massiccio ricorso alla pietra artificiale (la pierre reconstituée dei francesi), il cui uso si generalizza nei primi anni Venti, ed anche in questo caso occorre evocare un edificio destinato allo spettacolo, e cioè il Cinema-Teatro Cozzani, il cui esterno – nel quale la nuova tecnica trionfa – è stato recuperato alla dimensione cromatica originale alcuni anni orsono (dell’interno, che un tempo mostrava le decorazioni di Luigi Agretti, è meglio tacere).
La tecnica della pietra artificiale era nata in Francia ma alla Francia – o meglio, alla sua capitale – si era guardato attentamente anche in precedenza allorchè, dopo la costruzione del Quartiere Umberto I, l’espansione dell’abitato cominciò a coinvolgere le pendici delle alture circondanti la città. Come ben chiarisce un libro di Roberto Venturini pubblicato nel 2012, il raccordo fra la zona pianeggiante e le zone collinari fu stabilito attraverso una serie di scalinate ove l’uso di un materiale litico ben sperimentato quale l’arenaria di Biassa si coniugava con un sagace disegno delle rampe, nel quale i precedenti di Montmartre venivano accortamente riproposti, anche per quanto riguarda il rapporto fra pietre e piante. Le realizzazioni più significative recano i nomi del naturalista Lazzaro Spallanzani e del fiume Cernaia, nei pressi del quale il 16 agosto 1855 si combattè una battaglia durante la Guerra di Crimea; in entrambi i casi le scalinate costituiscono il prolungamento di strade in leggero pendio che si innestano sull’asse viario più importante della Spezia di un tempo, e cioè la Via del Prione. Il progetto della scalinata Cernaia, approvato nel febbraio 1903, fu significativamente integrato, nel settembre del medesimo anno, con l’introduzione di un doppio filare arboreo, per il quale si scelse la sophora japonica, una pianta di origine asiatica introdotta in Europa nel secolo XVIII a fini ornamentali.
Il destino di questa scalinata è da anni al centro di un’accanita disputa fra il Comune spezzino, committente di lavori di riqualificazione, ed un comitato che comprende, fra gli altri, il già citato Venturini e l’editrice Giacché. I buoni argomenti del comitato avevano trovato, nel recente passato, una significativa sponda in Consiglio Comunale e avevano spinto l’Amministrazione Comunale, in deficit di popolarità per le questioni legate a Piazza Verdi, ad istituire un tavolo paritetico per individuare le soluzioni più idonee. Nei giorni scorsi, però, questo clima rasserenato ha improvvisamente virato di nuovo verso il burrascoso a causa delle modalità scelte dall’Ufficio Tecnico Comunale per la posa in opera delle tubazioni, modalità che sembrano destinate a danneggiare irreversibilmente le piante, oggetto di eutanasia poiché, secondo alcuni, sarebbero giunte “a fine vita”.
Non sono un botanico e su questo terreno non mi avventuro però, da storico, non posso fare a meno di notare che la nozione di città che ispirava le scelte urbanistiche dei ceti dirigenti di un tempo era basata sull’integrazione fra manufatti ed esseri viventi appartenenti al regno vegetale (per usare una terminologia amabilmente arcaica), integrazione che vedeva nella collocazione di alberi a fiancheggiare i viali o a delimitare le piazze il più diffuso esempio. Negli ultimi decenni abbiamo assistito, in questo come in altri settori, ad un’inversione di tendenza: gli alberi “danno noia” e costituiscono un problema, soprattutto quando cadono le foglie e i Comuni non hanno più netturbini e giardinieri in pianta organica. La sorda ostilità mostrata dall’Ufficio Tecnico spezzino nei confronti delle piante della scalinata Cernaia non è un caso isolato: Sarzana, sempre all’avanguardia, è stata la prima, nella nostra zona, ad eliminare accuratamente, una ventina d’anni orsono, ogni specie botanica dalla piazza più importante della città, trasformata in un forno a cielo aperto nei giorni estivi, per non parlare del peggioramento della qualità dell’aria e delle conseguenze che sulla conservazione del Monumento ai Caduti di Carlo Fontana ha avuto la scomparsa della pur ridotta fascia verde di rispetto che lo circondava. Non si levarono allora grida di protesta, neppure da parte di quei cittadini che in seguito si mobilitarono contro il Piano Botta; oggi, almeno alla Spezia, la sensibilità verso questi aspetti del vivere quotidiano sembra essere aumentata. Vedremo in quale misura questa accresciuta sensibilità riuscirà a far breccia nel muro di gomma delle istituzioni.

Più informazioni