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I racconti della domenica

La calata dei cinghiali

di Marcello Albani

Cinghiale

DomineIddio, per disegnare il nostro golfo incaricò la solita squadra delle Highlands di Scozia… a Filippo e Michelangelo la maestà dei luoghi, a Gianlorenzo ed a Giovanni il Pisano la fiammata ed il tormento delle colline che nascono dal mare aperto, s’inerpicano nei puntali di roccia e precipitano nella rada a proteggere l’approdo dal libeccio.
Sandro lo chiamò a coprir di violacciocca e timo le balze a primavera, il Giambellino a luminare di quel giallo e di quel rosso le foglie di castagno al sopraggiunger dell’autunno.
Poi si distrasse un poco, forse abbozzando nuovi splendori.
Allora un certo Lazlo, esperto in martellate alle Madonne dal volto di bambina, ignorando i versi del poeta che preferì morire qui che vivere altrove perché… chi ama questa terra non può amare altro… cominciò a menare i suoi fendenti.
I cinghiali, suoi amici anche loro analfabeti, calpestarono le rose e vi nacquero le ortiche, buone da ravioli. Ruppero i canopi di portoro che, specialmente se non sono tuoi, ti sollazza
più che infrangere orinali di vetraccio; ed i neon dei bancomat, tanto cari al mio amico dal pizzetto, seccarono i lumi fatui delle lucciole.
Si videro ciminiere – in quella rada dove Filippo esaltò ancor più la prospettiva – soffiar del fuoco solo per rimarcare il territorio, come fanno i cani.
Si vide la rumenta – non quella delle bucce di banana, ma la rumenta dal canchero di chimica – impossessarsi delle colline a nord, dove Michelangelo affilò ancor più accuratamente lo scalpello.
Gli scatoloni cacciarono i quartieri – non le barchette sotto casa – ma sapemmo, allora, che portavano lavoro più di una catena di montaggio. Poi qualcuno s’iscrisse nel calepino degli onori per sposarli alla città, però, come per i preti di Lucio… soltanto ad una certa età.
Altre piccole amenità: quadrivi regolati da trentacinque semafori (diconsitrentacinque)… tant’è che si parla di programmar dei corsi esplicativi oppure, più economicamente, rancàli tüti e sostituirli con una bella rotonda or così di moda.
E poi scuole di mestiere chiuse e mai riaperte, nel mentre si assumevano centinaia di ragazzi.
Accademie tecnologiche occupate dagli zombi e poi… basta.
Basta ed avanza perché la città – orgogliosa del suo centro ritrovato – cacci gli ultimi cinghiali e riporti il salmastro al suo mare ed i gabbiani alle loro antiche cove… in fretta, molto in fretta.