- Le Cinque Terre, ma perché sono cinque? Perché, in un mondo di G7 e G8, non si parla di un CT6 o anche 7? In fin dei conti Levanto e Bonassola i-eno a un ti-o de s-ciopo. Che cosa caratterizza Riomaggiore, Manarola, Corniglia, Vernazza e Monterosso e raggruppa in nome affratellante questi borghi marini famosi world wide?
Tanta parte la gioca la storia.
Infatti, già alla metà del XV secolo i cinque paesini sono definiti “castella”, cioè centri che non sono al piano, ma abbarbicati su “alture altissime, sassose e precipitosissime” al punto che non solo è arduo per le capre “montarle”, ma anche difficile per gli uccelli volarvi sopra. In questi termini si esprimevano all’epoca quanti descrivevano il territorio divulgandone le caratteristiche in un tempo che non conosceva ancora le riviste di viaggi, sottolineando che il comun denominatore che accomunava le cinque castella, era la loro morfologia. Oltre che la configurazione orografica, le associava anche il fatto che praticamente non esisteva “punto di terra”, cioè niente di coltivabile. In poche parole, c’erano ciaponi, ma di zolle da rivoltare con la vanga, seminare, far produrre, niente, o solo pochissimo.
Non bastasse, in questa terra pietrosa che è priva d’ acqua, si trova solo “un vivo sasso senza punto d’humore”. Eppure, nonostante tutto, l’unico colore che il panorama offre alla vista è il verde: “abondevoli e delicate vignette come l’ellere abbarbicate in un muro”. Sono così belli questi testi che non si può non riportarli: tanta vigna che pare un mare di edera.
Come viveva quella gente? Facendo funzionare cervello, inventiva, creatività. Si vendemmiava calandosi dall’alto legati in vita con corde; si forzano i tralci a vegetare a terra, fra i sassi. Così ne nascono vini che non c’è tavola, perfino di re, che non sia onorata di avere il liquore che esce da questi monti: lo dicono gli antichi che elogiano “l’ingegnioso intelletto” di chi lo produce.
Le cinque castella vivevano in condizioni decisamente avverse, epperò ce l’hanno fatta. I borghi vicini avevano anche loro dei problemi (a chi mancano?), ma non erano questi che costituivano il punto unificante.
Roba di oltre mezzo millennio fa; non se ne può trarre una morale per la stragrande differenza delle situazioni. Tuttavia, è sempre bello ricordare come quegli antichi abitanti del nostro territorio seppero trarsi d’impaccio in condizioni non favorevoli mischiando il sudore alla fantasia.
Comunque, quando bevete un goto di vernaccia, sappiate che il nome del vitigno viene da Vernazza, tanto per dire quanto il vino delle CT5 era diffuso e apprezzato.
BERT BAGARRE