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Sprugoleria

Sprugoleria

Il mondo che corrompe i mondi, non è mondo

di Bert Bagarre

Il convento dei Cappuccini

Quando usiamo la parola mondo, quasi sempre ci riferiamo al pianeta in cui viviamo. Tuttavia, nella parlata che adoperiamo quando da Sprugolandia emigriamo nella vicina Italia, mondo vuole anche dire pulito anche se, per dirla tutta, non è che nel cosiddetto Belpaese si faccia molto uso di questo termine. Detta parola ricorre praticamente solo nel momento in cui si mangiano le castagne lessate dopo averle mondate, cioè pulite, o quando si racconta delle donne che, nudi i piedi immersi nell’acqua, estirpavano le piantine nelle risaie per mondarle.
Se mai vi chiedeste perché nella rubrica dedicata alle cose della Sprugola si è dedicato spazio alla parlata dove il sì suona, dico che questa è premessa necessaria per meglio comprendere l’argomento odierno che riguarda una delle tante qualità che caratterizzano le genti che vivono da ‘ste parti.
Una delle peculiarità che rendono bella la gente di Sprugolandia, è la loro capacità di giocare con le parole, di comporre, cioè, dei calembour, gradevoli al suono sì da indurre al sorriso chi li ascolta. Mi è già capitato di dire in una delle scorse puntate come i figli del Celeste Impero siano arrivati in questa landa già molto prima degli odierni tempi di globalizzazione portando quali nomi Te-chini-chì e No-a-chino-ciu-nlà. E poi, quante volte siamo stati avvertiti di stare in campana dalla frase convenzionale di allerta “mia che a te mio”, dolce miagolio per invitare all’attenzione.
Insomma, agli Sprugolotti capita talora di giocare quando parlano, ma quando è cominciato questo vizietto fondato sull’allitterazione, la ripetizione delle identiche lettere?
Io penso che all’origine, e qua vengo alla nostra premessa, gli antenati siano stati ispirati da una lapide, anche un po’ sibillina, poggiata all’ingresso del convento dei Scapussìn che era messo dove oggi sta Cristo Re. Il testo era in latino, ma chi ce l’ha tramandato ha provveduto anche alla sua traduzione che recitava così: “Il mondo che corrompe i mondi, non è mondo. Pertanto, chi resta nel mondo potrà restare mondo?”.
Insomma, tutto un gioco di parole fra mondo/terra e mondo/pulito. Divertitevi ad apportare gli opportuni cambiamenti alla frase per comprendere appieno il significato ricordando che mondo, essendo pulito, significa pure puro: perché pure a me piacciono i giochi di parole.
Dimenticavo. Chi nel 1921 ci tramandò e tradusse l’iscrizione è stato un grande studioso delle cose della Sprugola.
Oggi c’è pure un impertinente che lo chiama “l’Ubaldo” manco i fusseo barba e névo, ma non si può parlare della landa bagnata dalla grande sorgiva senza ricordarlo.

BERT BAGARRE