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Una storia spezzina

Una storia spezzina

Il "futurismo" di Gamin schierato contro il "contadino" di Bastremoli

di Alberto Scaramuccia

Import 2020

Già altre volte, nei libri e negli articoli, ho ricordato quanto il Sindaco Giobatta Paita fosse preso di mira da quel gamin di Ubaldo Mazzini. Il Ragazzaccio non perdeva occasione per sbeffeggiare l’uomo politico, dileggiato per i modi grossolani, le imprecisioni sintattiche e il modo di parlare per cui pronunziava ogni -u- come -ü-. Eccedeva assai in questo suono che non è dell’italiano ma del dialetto e la penna di Gamin lo sottolineava impietoso. La causa forse era la parlata di Bastremoli, la frazione di Follo da cui Paita veniva tanto che una denominazione con cui l’Ubaldo bollava il Giobatta era il contadino di Bastremoli.
Perché questa pesante acredine di Mazzini verso Paita?
Tanti motivi, a cominciare dalla congenita impertinenza del giornalista. Ma c’entra anche l’anagrafe. Paita è del ’29, cresce fra guerre d’indipendenza, voglia di unità, attaccamento alla dinastia che la realizza. Mazzini di 39 anni più giovane vive in un mondo che, presa Roma, deve risolvere altri problemi, dall’istituzionale al sociale.
Dunque, l’uno monarchico e l’altro repubblicano, a rispecchiare i loro tempi. Ma a spiegare il contrasto politico c’è dell’altro.
Mazzini fu sempre fedele sodale di Prospero De Nobili che faceva compagnia a Paita nell’essere stimato cavallo di razza. Poterono i due anche trovare un accordo, trovandosi uniti nella volontà di affrancare la città dalla Marina. Ciò successe con la creazione del porto. Era la voglia di dare vita a un modello produttivo imperniato sul doppio binario militare-civile e lo scalo commerciale introdusse un sapore sprugolotto (e di quale aroma!) nel già esistente comparto industriale del Golfo.
Ma l’accordo fra i due fu solo un momento tattico perché l’intesa si consumò in un divorzio che era subito dietro l’angolo.
Confesso, tuttavia, che delle invettive di Gamin mi ha sempre colpito quella che definisce Paita “contadino”.
La si potrebbe intendere come una forma di razzismo che il cittadino manifesta nei confronti di chi vive in campagna, ma io penso che sia cosa diversa.
In contadino si manifesta la consapevolezza di appartenere ad un mondo nuovo dove il suono prevalente è quello della sirena delle fabbriche. È questo a dettare il ritmo della vita nel Golfo, non più il campanaccio delle bestie al pascolo o il rintocco dea Lavezàa, la campana di Santa Maria. Nella definizione di Gamin, cioè, si legge l’orgoglio per il nuovo modello di produzione che impera sul territorio.
Quando leggiamo l’innamoramento di Marinetti per il Golfo industriale, non dimentichiamo che di quanto i coevi avevano sotto gli occhi, menavano vanto.

ALBERTO SCARAMUCCIA