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Luci della città

I due spezzini più grandi

di Giorgio Pagano

Norvegia, Capo Nord, mostra fotografica "I colori del mare", Lerici, Piazza Garibaldi, 8-10 settembre 2017, fotografia premiata insieme ad altre con il Premio Speciale del Comune di Lerici    (2007)    (foto Giorgio Pagano)

In un’estate dedicata agli impegni e al lavoro, ho avuto pochissimo tempo per le iniziative culturali. Di fatto, a parte quelle organizzate dall’Associazione Culturale Mediterraneo, ce l’ho fatta a partecipare solamente in due occasioni. Quindi, se penso agli eventi culturali per me più significativi dell’estate spezzina e dei luoghi limitrofi, la mia scelta è obbligata. Ma penso di non essere lontano dalla verità, se cito come i più significativi proprio i due eventi a cui ho partecipato. E mi fa piacere che i protagonisti siano stati due spezzini, i due più grandi, tra quelli in vita.
Il primo è Giancarlo Giannini, grande maestro del cinema e del teatro internazionale, protagonista alla Rotonda di Lerici di “Le parole note”: un incontro tra letteratura e musica, in cui Giannini ha recitato una serie di brani e poesie di Pablo Neruda e Gabriel Garcia Lorca, Dante Alighieri e Cecco Angiolieri, William Shakespeare e Pedro Salinas, Gabriele D’Annunzio e Eugenio Montale, e molti altri ancora. Sottofondo musicale con esecuzione di brani completi ed altri appena accennati, come intermezzo tra una lettura e l’altra, eseguiti dal quartetto di Marco Zurzolo, bravissimo sassofonista jazz partenopeo, e ritmo perfetto tra parole e note. Giannini ha subito ricordato la sua infanzia spezzina, per poi presentare lo spettacolo: “Questa sera ci divertiremo, spero. Viaggeremo un po’ tra musica e parole, nella poesia e soprattutto nel tema delle poesie d’amore e dei poeti che, nel presente e nel passato, hanno parlato della donna”. Il viaggio proposto dal grande attore è quello nell’universo femminile così come raccontato dai poeti nel corso dei secoli, passando dall’amor cortese a quello platonico. Non sono mancati momenti di ilarità come con “S‘i fossi foco” di Cecco Angiolieri, di cui Giannini ha cambiato il finale con “le grasse e vecchie lasserei altrui”, o di struggente dolore come con “Supplica a mia madre” di Pier Paolo Pasolini. L’interpretazione è stata sentita e vibrante, in particolare per l’elogio funebre di Marco Aurelio nel “Giulio Cesare” di Shakespeare e per il dubbio dell’ “Amleto”. In piazza c’era molta emozione, di fronte alla bellezza che ci colpisce in una poesia, in un verso, in una voce, in un sospiro.
L’altro grande spezzino è Gaetano Pesce, designer, scultore e architetto, che vive a New York dal 1983. Nel 1996 gli è stata dedicata una retrospettiva al Centre Georges Pompidou di Parigi, ma le sue opere sono esposte presso altri grandi musei del mondo, tra cui il Museum of Modern Art e il Metropolitan Museum of Modern Art di New York e il Victoria and Albert Museum di Londra. Vedere le opere di uno spezzino al MoMA mi emozionò non poco. Una delle sue ultime opere è “L’Italia in croce”, un’opera provocatoria che critica l’attuale situazione del nostro Paese: la scultura consiste in un crocifisso al quale è appesa una sagoma sanguinante che riprende i confini della penisola. Ma l’Italia, che nella scultura di Pesce richiama l’iconografia della Crocifissione, come Cristo ha la speranza di risorgere.
A Pietrasanta, qualche settimana fa, ho visitato la bellissima mostra “EFFE come Francesca”, curata da Stefano Morelli, con la quale lo studio-laboratorio appartenuto allo scultore e pittore Leone Tommasi (1903-1965) e poi al figlio Marcello (1928-2008), è tornato a nuova vita. Riconosciuto dalla Sovrintendenza come bene di interesse storico e artistico, l’Atelier Tommasi occupa un vasto ambiente al piano terra della grande casa della famiglia Tommasi, in via Marconi. Vi sono bozzetti e studi che attestano la genesi di alcune opere eseguite poi in marmo o bronzo, ritratti eseguiti sia da Leone che da Marcello su commissione e alcuni ritratti familiari, opere realizzate per committenti locali o per la committenza straniera, come il monumentale rilievo per la Fontana della Libertà in Place Léon Blum a Parigi commissionato a Marcello e l’insieme di figure per la complessa opera commissionata a Leone da Evita Peròn per celebrare il ‘descamicado’, simbolo del popolo. Marcello è autore anche della “Via Crucis” nella Porta bronzea e di un affresco raffigurante il “Battesimo di Gesù” nella Chiesa spezzina dei Santi Giovanni e Agostino.
L’atelier è stato voluto e pensato dalla nipote Francesca Sacchi Tommasi come uno spazio che vuole sfuggire alle definizioni univoche: sarà infatti “galleria d’arte, spazio espositivo, luogo d’incontro, atelier per scultori, una vera e propria factory all’interno della quale artisti, opere e linguaggi troveranno uno spazio accogliente”. La mostra inaugurale è stata coerente con questo indirizzo: era fondata sul dialogo tra i gessi dei due Tommasi e le creazioni di Gaetano Pesce, che in occasione di questa sua prima esposizione a Pietrasanta ha presentato una straordinaria selezione di gioielli e oggetti in resina realizzati appositamente per la mostra, dai colori molto accesi, continuando a celebrare “l’intelligenza, il dinamismo e la curiosità della figura femminile, come nella sua recente personale al Museo Novecento di Firenze. Un dialogo davvero riuscito.
Appena arrivato nell’Atelier mi hanno subito fatto una domanda: “Ma che avete combinato a Spezia?”. Lì per lì ho pensato che si riferissero alla vittoria della destra alle elezioni, ma prima che rispondessi hanno cominciato a criticare la nuova Piazza Verdi. Poi ho capito che si riferivano anche ai risultati elettorali, e che mettevano in relazione le due cose. Indubbiamente, ho spiegato, qualche relazione c’è: riguarda non solo il giudizio sull’opera, ma anche e soprattutto il modo in cui il potere si è relazionato ai cittadini.
Concludo con una riflessione: che aspetta la città a instaurare un rapporto stabile e fecondo con queste due figure intellettuali celebrate in tutto il mondo, e ancora sentimentalmente legate a Spezia? Ricordo che organizzammo una bella serata in onore di Giancarlo Giannini a Villa Marigola: lui per il nostro cinema e il nostro teatro potrebbe fare molto. Così come ricordo che feci tornare Gaetano Pesce in città: elaborò un progetto per la nuova diga, un progetto per gli oggetti di arredo urbano della città… Ma poi fu deluso dal rapporto con l’ultima Amministrazione Comunale. Pesce è sempre disponibile. Perché non ricominciare dedicandogli una personale al CAMeC?