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"Votare Orlando, sovvertendo un risultato determinato da pochi iscritti"

Intervento di Paolo Bufano, direzione Pd La Spezia.

Paolo Bufano

Circa un mese fa Gianni Cuperlo, citando Fantozzi, aveva definito il meccanismo in base al quale il Segretario nazionale del Partito Democratico viene eletto dai simpatizzanti/elettori anziché dagli iscritti una “cagata pazzesca”. Difficile dargli torto, in astratto. Un Partito è un’associazione privata e di norma i dirigenti di una associazione privata sono scelti dagli associati, che costituiscono un numero chiuso e predeterminato di soggetti.
La replica che viene spesa più comunemente è la seguente: per Statuto il Segretario eletto è anche il candidato premier del Centrosinistra, e dunque è naturale che concorrano alla sua scelta anche gli elettori del Pd o (del Centrosinistra) che non si sentono di affiliarsi al Pd ma che sosterrebbero lui come candidato premier.
L’obiezione regge fino a un certo punto,e non certamente agli occhi di chi – come Orlando (e io sono perfettamente d’accordo) – non ritiene che, nella situazione data, la coincidenza fra i due ruoli sia opportuna né vantaggiosa.
Ma vi è un’altra ragione – ben più importante – per cui invece l’elezione del Segretario da parte dei simpatizzanti/potenziali elettori piuttosto che dagli iscritti è provvidenziale, a dispetto della corazzata Potemkin citata da Cuperlo.
E questa ragione è che – paradossalmente – fra i simpatizzanti/potenziali elettori il tasso di persone sinceramente interessate ai destini del Partito Democratico è assai maggiore che fra gli iscritti.
Le cronache hanno ampiamente riferito delle iscrizioni di massa cumulatesi in extremis, del ruolo dei capibastone (soprattutto al sud), dei dibattiti con quattro persone cui seguivano code interminabili di centinaia di votanti.
E su chi sostenessero i capibastone (da De Luca in giù) non ci sono dubbi.
Io stesso ho presenziato per quasi tutto il tempo al congresso del Centro storico/Trinità a Sarzana. Alla illustrazione delle mozioni erano presenti dieci persone, nessuna delle quali è intervenuta nel dibattito. In realtà non vi è stato alcun dibattito. Hanno votato – presentandosi alla spicciolata – poco più di cento persone: una ventina fra dirigenti, amministratori e militanti del partito e un’ottantina di signori spaesati, con l’aria di avere un’idea molto vaga di quello che stava accadendo, alla imbarazzata ricerca dello sguardo del/della notabile (!?) al/alla quale stavano rendendo (o da quale stavano invocando) un piacere con la loro (altrimenti bizzarra) presenza in quel luogo.
Per fortuna, nonostante tutto, hanno votato circa 266.000 persone, ovvero iscritti, una buona quota dei quali presentava i connotati che descrivevo sopra.
Alle primarie del 30 aprile è lecito attendersi che prenda parte qualche milione di persone, ovvero da sei a dieci volte il numero degli iscritti che hanno votato la prima volta.
Non è che fenomeni di inquinamento della genuinità e della consapevolezza nella espressione del consenso non possano manifestarsi anche il 30 aprile, ci mancherebbe altro.
Però questa volta ci potrà essere (io spero che ci sarà) lo sterminato popolo del centrosinistra; di chi si riconosce in questo Pd ma anche di chi lo vorrebbe diverso; di chi diffida dell’ uomo solo al comando e preferirebbe decisioni partecipate e condivise; di chi ha vissuto la stagione dell’Ulivo come un’esperienza positiva della vita politica del nostro Paese sulle cui radici tornare ad innestare l’albero del Partito Democratico perché torni rigoglioso e non avvizzisca o non si snaturi; di chi proviene dalla tradizione della sinistra e di chi proviene da quella del cattolicesimo democratico, accomunati dall’attenzione al disagio degli ultimi piuttosto che alle aspettative dei salotti buoni della finanza; di chi crede che occorra allargare il campo del centrosinistra potenziandone l’autonoma capacità di governo piuttosto che fronteggiare il rischio di un asse populista alleandosi (risultando inesistenti in natura Alfano e Verdini) addirittura con il barzellettiere di Arcore.
Per fortuna il 30 aprile su tutto questo i milioni di persone che costituiscono il popolo dei Democratici e delle donne e degli uomini del centrosinistra potranno dire liberamente e decisivamente la loro, sovvertendo – con una partecipazione massiccia e consapevole e scegliendo Orlando – un risultato determinato fin qui da qualche decina di migliaia di iscritti, spesso strumenti più o meno consapevoli di cerchi magici nazionali o locali del tutto autoreferenziali e sperimentatamente orientati a collezionare insuccessi per il Pd e per il Centrosinistra e a consegnare il Paese nelle mani di Grillo o di Salvini.