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"Enel, Panigaglia e biodigestore: la provincia esca dal letargo"

di Arturo Fortunati

Arturo Fortunati

Esistono persone che non accettano che il cambio climatico sia responsabile anche dello sciogliersi dei ghiacciai. Diventa dura parlare con questi soggetti della nocività dovuta alla presenza di tanta produzione energetica in un fazzoletto di terra che racchiude la provincia della Spezia. Il pensiero cardine è che tanto muoiono prima.
Siamo in presenza di uno stato di entropia negativa come motore della precarietà dell’ecosistema, evidenziato anche dall’epidemia del “coronavirus” e dovuto al disordine cosmico-politico nel quale sta prevalendo l’attuarsi del dominio della forza armata in tutte le forme in grado di sopprimere ogni forma di sopravvivenza naturale. Questa provincia è ancora in letargo sui gravi problemi locali figuriamoci sui problemi che investono località non vicinissime. Problemi del vivere in un sistema molto nocivo quando non mortale ne abbiamo tanti. Tre esempi da valutare con attenzione per attribuirne eventuali responsabilità ed attuare soluzioni idonee.

1) la centrale Enel, costruita 58 anni fa, era una tra le più importanti d’Europa ed un vanto per la città che vide crescere esponenzialmente posti di lavoro ben retribuiti. Ha funzionato producendo, per troppi anni (35), 1835 mega watt a carbone dispensando e nel territorio un premiante dosaggio di metalli, diossine, idrocarburi policiclici aromatici… tra questi inquinanti cancerogeni che dovevano avere un monitoraggio costante per le deposizioni atmosferiche, tenendo conto anche dell’inversione termica. Ad oggi non è dato sapere i risultati epidemiologici e di monitoraggio. Nel periodo estivo del 2019 Enel, in considerazione dell’andamento del mercato del gas considerato ultra competitivo (13,50 € = Mwh) e sapendo che il carbone aveva vita corta, sembra proporre un investimento di 500 milioni di euro per riconvertire la centrale a turbogas (a ciclo combinato?) per una potenza di 800 megawatt. C’è giusto il tempo per giocare con gli spazi che l’Enel metterebbe a disposizione rispetto ai 70 ettari occupati sino ad oggi. Ad Enel basterebbero 26 ettari di terreno e una trentina di lavoratori per il nuovo ciclo di produzione e stoccaggio. Rimarrebbero a disposizione 44 ettari per spiccioli di energia alternativa e due laghetti dei quali non conosciamo le componenti dei fondali, ma è facile intuire l’eventuale rendita e utilizzo, abitati da rane esentasse. Per dirla tutta, perché non viene utilizzata tutta l’area per energia rinnovabile considerato che nel 2019 in Italia la domanda di energia è stata di 319,6miliardi di kwh, soddisfatta solo per il 35,3% dalle rinnovabili.

2) Essendo in pieno boom economico sempre negli anni Sessanta ci siamo presi anche l’unico rigassificatore in Italia che ha fatto splendere la stella Eni nel panorama mondiale. Per non sbagliare è stato posizionato in una delle baie più belle del Golfo, tra Fezzano e Porto Venere. Considerato il rischio di tale presenza è difficile trovare aggettivi per una simile impresa. Pur tenendo in considerazione l’eventuale ricatto occupazionale prendiamo atto che sono veramente poche le persone che lavorano in un impianto che ha una possibilità produttiva annuale di 3,5 miliardi di rigassificazione ed è considerato ad alto rischio. Non può certamente essere base di trattativa che il livello occupazionale possa derivare dal rischio ma la sicurezza dovrebbe essere sempre garantita coinvolgendo i responsabili del territorio ed i rappresentanti dei lavoratori. La Liguria ne sta subendo troppe. Oggi si preparano a far navigare ed approdare nel Golfo dei poeti bettoline cariche di Gnl, coinvolgendo nel rischio uno specchio acqueo denso di traffici, sia in superficie che negli abissi, di ogni genere. Dobbiamo ricordare che in alcuni momenti anche pesci di grandi dimensioni si dilettano nel nostro mare? A proposito di traffico ed approdo nel golfo molte sono le cose da fare, non ultima l’elettrificazione delle banchine per eliminare molti fattori inquinanti ma, per favore, nessun ricatto di funzionalità energetica.

3) Altra novità difficile da comprendere è la scelta del sito di Saliceti per installare un biodigestore della capacità di circa 100mila tonnellate. Ad oggi in un sito attiguo, sempre in località Saliceti-Vedicella, è in funzione un impianto di trattamento di rifiuti urbani della capacità di più di 100mila tonnellate, gestito da Iren Ambiente S.p.A. e Ladurner S.r.l., tornato dopo l’incendio a produrre con efficienza ed efficacia. Senza voler entrare nel merito del potenziale inquinante i responsabili di tanta scelta spieghino perché Vezzano Ligure e Santo Stefano Magra devono pagare il pegno di vivere in una provincia troppo virtuosa nella raccolta differenziata. Anche uno solo degli impianti sarebbe troppo per la nostra provincia! Le bonifiche di Pitelli, Monte Montada, il Campo di ferro a Marola così come tutto l’amianto da mettere in sicurezza e un ospedale nuovo che tenga conto delle condizioni ambientali e climatiche prodotte dalla schiavitù energetica nel sistema Spezia non sono nel dimenticatoio. E’ obbligatorio uscire dal letargo e solidarizzare con chi manifesta difficoltà nel vivere condizioni a volte disperate. Per chiudere in sintonia con i cittadini dotati di sensibilità ambientali e che nutrono speranza nelle persone a posto è giusto fare gli auguri di buon lavoro a Luigi Boeri per l’incarico di presidente della Commissione ministeriale sull’Ambiente. Ottima scelta per valore umano e competenza e di estrema utilità per dare soluzione ai gravi problemi socio-ambientali per gli spezzini.

ARTURO FORTUNATI