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L’arcangelo di Pignona

di Piero Donati

L'arcangelo di Pignona

Dopo Montedivalli e San Pietro Vara, ecco una nuova tappa di un ideale percorso alla scoperta del patrimonio scultoreo della Val di Vara. Nella chiesa di Santa Croce di Pignona (Sesta Godano) ha trovato degna collocazione, dopo il restauro, una statuetta marmorea raffigurante l’Arcangelo Gabriele (foto di Gianni Caponi), parte di un Gruppo di Annunciazione al quale appartiene una Vergine Annunciata già collocata nel coro della chiesa.
Mentre quest’ultima, conservata in ambiente protetto, era in buone condizioni conservative ed ha avuto bisogno soltanto di una leggera pulitura (effettuata presso l’Istituto d’Arte “Felice Palma” di Massa), l’Arcangelo, collocato per decenni su uno dei pilastri d’ingresso del cimitero frazionale, versava in pessime condizioni. Ciononostante, la cifra stilistica è così prepotente da essere ancor oggi decifrabile: i panneggi “cartacei” che si gonfiano al vento, la curva del ventre, lo scatto violento del ginocchio destro ed infine la lunga chioma riccioluta che scende sulle spalle rimandano senza ombra di dubbio alla scultura lombarda, all’interno della quale, negli anni Settanta del secolo XV, va prendendo piede una corrente “espressionista” che trova nel cantiere della Certosa di Pavia il principale incubatore. Figura eminente di questa corrente, come hanno dimostrato Marco Tanzi ed altri, è Giovanni Antonio Piatti – defunto nel 1480 mentre attendeva all’Arca dei Martiri Persiani di Cremona – e questa scultura è testimonianza della penetrazione delle sue formule anche in Liguria.
Il peso specifico della pittura lombarda del ‘400 a Genova e in Liguria è stato già ampiamente sottolineato; assai meno indagati i rapporti fra le due aree in ambito scultoreo, anche perchè non si conoscevano, fino a poco tempo fa, testi fondamentali quali, ad esempio, le due Madonne col Bambino di Tivegna e di Bolano, grosso modo coeve delle statuette di Pignona.
I legami fortissimi dei marchesi Malaspina – a cominciare da quelli di Bolano – con la corte sforzesca, che gestiva questi rapporti attraverso il commissario di Pontremoli, sono lo sfondo sul quale collocare queste presenze, che un’auspicabile iniziativa espositiva potrebbe utilmente portare alla luce per l’ampia platea dei cittadini e dei turisti che non si accontentano dei luoghi comuni.