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Luci della città

Malaspezia. La città e la questione morale

di Giorgio Pagano

Riomaggiore, forte Bramapane  (2016)

“Malaspezia. L’Arsenale, il porto, le aziende legate alla difesa, la sana noia della provincia benestante, una città che un tempo apparteneva alla rete delle roccaforti della sinistra. Ecco, forse proprio da un’analisi politica degli ultimi anni si dovrebbe partire per capire cosa sta accadendo a Spezia, diventata negli ultimi anni il ‘capoluogo’ della corruzione ligure, almeno a stare al numero di inchieste per tangenti… Accuse di corruzione per cantieri, per la sanità, per il porto ai suoi massimi livelli, senza scordare lo scandalo del Parco delle Cinque Terre. La responsabilità penale è personale, ma la febbre di un territorio i partiti dovrebbero avere la sensibilità per misurarla fin dall’insorgere”. Sono parole di Marco Preve, giornalista di “Repubblica Liguria”, scritte il 27 aprile scorso, subito dopo gli arresti per le presunte mazzette negli appalti del Comune per piazza Verdi.
Naturalmente nessuno è colpevole fino alla condanna. Le vicende, con tutte le garanzie di legge, sono trattate dagli organi della Repubblica che adempiono al loro dovere e alle proprie funzioni costituzionali. E tuttavia – vale per piazza Verdi come per le inchieste sugli appalti dell’Asl e su quelli dell’Autorità Portuale – in molti casi le intercettazioni e le testimonianze sembrano davvero inoppugnabili. Tant’è che i giornali riferiscono che molti imputati sono intenzionati a patteggiare, riconoscendo così le loro colpe.

Al di là delle responsabilità di questa o quella persona, quello che emerge è un quadro drammatico: nei tre enti pubblici principali, per capacità di spesa, della provincia la corruzione coinvolge cerchie ampie di corrotti, corruttori, complici e conniventi. Sembra affiorare una corruzione di sistema: i corrotti sembrano essere cioè l’effetto di una causa, che è il funzionamento della città, le relazioni generali che in essa vigono.
Un primo dato che accomuna le inchieste nei tre enti è il coinvolgimento di dirigenti e funzionari di alto livello della pubblica amministrazione. Un dato preoccupante su cui occorre una riflessione specifica: chi controlla il loro operato? Possibile che nessuno si accorga mai di nulla? In una nota “Liberi e Uguali” ha scritto, rivolgendosi al Direttore Generale dell’Asl: “Troppo facile, troppo ovvio e troppo banale dire ora che l’Asl 5 ‘si costituirà in giudizio come parte lesa’. Occorreva attivarsi efficacemente prima per non essere lesionati poi”. Come non essere d’accordo? Sulla stampa ho letto che il dirigente incriminato dell’Asl 5 era stato valutato dal “Nucleo di valutazione” dei dirigenti con il massimo dei voti. Bisognerebbe conoscere i voti conseguiti dai dirigenti e funzionari incriminati di Autorità Portuale e Comune: spero non si sia premiato come in Asl 5.

La strada per prevenire la corruzione nella pubblica amministrazione passa per la capacità di controllare i dirigenti e i funzionari e passa per alcune misure che dovrebbero essere varate e/ o attuate al più presto: la rotazione di dirigenti e funzionari, perché l’alternanza riduce il rischio che possano crearsi relazioni particolari tra amministrazioni e utenti; l’obbligo per i titolari di un incarico dirigenziale di pubblicare i compensi, i dati reddituali e patrimoniali e le spese per viaggi di servizio e missioni; una normativa coraggiosa per il whistleblowing -l’istituto che prevede la segnalazione di condotte in odore di corruzione da parte di dipendenti della pubblica amministrazione- che garantisca la riservatezza a chi segnala illeciti e soprattutto lo tuteli contro atti discriminatori.
Un secondo dato che accomuna le inchieste nei tre enti è il coinvolgimento di imprenditori spezzini: è la prova, se le accuse saranno suffragate, che una buona parte della nostra imprenditoria ha l’abitudine a un rapporto malato con la pubblica amministrazione ed è alla continua ricerca di scorciatoie e di favori, ovviamente da contraccambiare. Anche in questo caso occorre una riflessione specifica. Confindustria La Spezia non può far finta di non sapere che tra gli indagati ci sono non solo suoi affiliati ma anche imprenditori che sono da anni nel “giro” del suo ceto dirigente. Altrimenti le tante parole sulla competitività e sul libero mercato scorrono come acqua sul marmo. Pure per prevenire la corruzione tra gli imprenditori servono leggi e norme migliori: sul falso in bilancio come sull’autoriciclaggio.
Ma certamente le leggi non bastano: ciò vale per la pubblica amministrazione come per l’imprenditoria. Oltre alle leggi serve una battaglia culturale in grado di contrastare il cedimento dei valori. Dopo tutto quello che è accaduto, invece, la risposta è stata un silenzio tombale.

C’è, infine, la responsabilità della politica. In questi tre casi è stata toccata direttamente solo nell’indagine sull’Autorità Portuale, che vede sotto processo il suo ex Presidente. Ma la politica era già stata chiamata in causa nel processo del Parco delle Cinque Terre. E, più in generale, non è estranea a quella che Preve definisce “la febbre del territorio”. La decadenza morale della politica in questi anni è sotto gli occhi di tutti. Vale anche per Spezia ciò che scrive nel suo libro “Pane sporco” il filosofo Vittorio Alberti, coordinatore della Consulta internazionale sulla giustizia: “L’adesione a un partito ha il respiro corto perché è agganciata a interessi percepiti come privati, non generali. Non è corruzione, questa? Che modello si è offerto ai giovani nati dopo Berlino? Una politica logorroica, ignorante, incapace, fatta di polli di batteria senza educazione, valore e idee, funzionali a capi anch’essi senza molto valore, ma proprio per questo attenti a non farsi ombra. Oggi i partiti e i movimenti politici hanno potere, ma che credibilità hanno? Nessuna. Poiché riflettono un personale impreparato e arrogante, privilegiato e non di rado corrotto, nel senso più ampio del termine. I partiti restano validi strumenti della democrazia, ma occorre invertire il processo in base al quale l’ascesa è riservata a cortigiani inetti, tanto più utili e innocui se non hanno formazione, decoro e onore”.
Anche Alberti arriva alla conclusione che “il problema è prima di tutto culturale”: anzi, lui usa un termine più efficace, “un’onda culturale”. Argomenta Alberti: “La cultura contro la corruzione richiede tempi lunghi, ma senza una prospettiva ampia non c’è progetto, né futuro, né senso”.