LA REDAZIONE
Scrivici
PUBBLICITÀ
Richiedi contatto

Luci della città

L’ex colonia Olivetti e il ritorno della polis

di Giorgio Pagano

La Spezia, Tramonti  (2011)

Sabato scorso, invitato dall’amico Piero Donati, ho partecipato al presidio davanti all’ex colonia Olivetti di Marinella per dire no alla sua trasformazione in struttura alberghiera di lusso. L’ex colonia risale al 1938 ed è un bene vincolato, in quanto pregevole dal punto di vista architettonico (è un classico esempio di architettura razionalista) e importante dal punto di vista storico. Nata come colonia estiva fascista, nel dopoguerra fu usata dall’Olivetti per i figli dei suoi dipendenti, e divenne un importante laboratorio sociale e pedagogico. Ceduta alla Regione Liguria negli anni ’80, non è mai stata oggetto di un progetto serio di riconversione. In tutti questi anni c’è stato chi voleva venderla per fare cassa, e chi proponeva di trasformarla in una struttura culturale pubblica (museo del viaggio, museo dei liguri apuani, ecc). Obiettivo, quest’ultimo, ormai chiaramente impraticabile per carenza di risorse finanziarie. E’ rimasta in campo l’idea della vendita: la Regione l’ha ceduta ad Arte, l’agenzia regionale che si occupa di edilizia residenziale pubblica ma che può agire anche al di là dei suoi compiti di istituto, con il mandato di valorizzarla e di fornire un po’ di ossigeno all’asfittico bilancio regionale. Gli organizzatori dell’iniziativa, molto partecipata, si battono contro l’ipotesi della trasformazione dell’ex colonia in grande albergo e preferiscono una struttura ricettiva diversa, orientata a soddisfare la domanda del turismo sostenibile, in primo luogo giovanile. La logica è quella del “bene comune” e dello “spazio pubblico”, che vale sia per l’edificio che per il vasto parco che lo circonda e per il tratto di spiaggia libera che lo separa dal mare.
C’è da domandarsi se questa proposta non sia solo più saggia ma anche più realistica. Sono finiti, infatti, i tempi d’oro del mercato immobiliare. E di un maxi albergo nella zona non si avverte proprio il bisogno: basta spostarsi di poche centinaia di metri, a Marina di Carrara, per vedere lo scheletro dell’albergo che avrebbe dovuto sorgere vicino al casello autostradale, o il cantiere mai cominciato per costruire un albergo di lusso al posto del Mediterraneo, demolito anni fa. E l’albergo a Lerici, nella valle sventrata della Venere, con vista a mare meravigliosa? Anch’esso bloccato. Così come non decolla l’albergo previsto nell’area ex Sirma a Santo Stefano, vicino al centro commerciale “La Fabbrica”. Insistere nell’errore sarebbe diabolico. Pensiamo, invece, a quanto è successo a pochi chilometri: l’Associazione Culturale Arci Traverso ha acquistato, in un’asta, una vecchia villa privata a Camisano, e ha rinunciato alla destinazione abitativa per proporne una di carattere ricettivo, sociale e culturale. Un “luogo d’incontro internazionale”, con auditorium polifunzionale, ostello, osteria, parco fruibile a tutti: il Comune di Lerici ha giustamente approvato una variante urbanistica, per consentire che un bene privato diventi un “bene comune”, uno spazio privato uno “spazio pubblico”. A Marinella serve qualcosa di analogo, perché lo “spirito dei tempi” è questo. Il bene può essere “comune” e lo spazio “pubblico” anche se il soggetto attuatore è un privato con responsabilità sociale. La collaborazione tra istituzioni pubbliche e privato sociale è sempre una via da esplorare.
L’obbiettivo di impedire che l’ex colonia Olivetti diventi uno spazio meramente privato è uno dei tanti esempi del più generale impegno per quello che io chiamo “ritorno della polis”. La polis era il luogo delle relazioni sociali e dell’incontro, dello spazio pubblico (la piazza, poi i servizi pubblici del welfare), della progettazione con il dialogo. Le città, invece, sono diventate sempre più i luoghi della solitudine, degli spazi pubblici privatizzati (le piazze invase dalle auto, il ridimensionamento del welfare), della crisi della partecipazione e della separazione tra governanti e governati. Ma cambiare è possibile, la polis può essere riconquistata. Potrei fare l’esempio della riconquista delle piazze a Spezia o in tante altre città italiane, ma vorrei far conoscere l’esperienza della città brasiliana di Curitiba, troppo poco conosciuta in Italia. Eppure Curitiba è davvero la città del futuro. Il sindaco Jaime Lerner vi creò, nel 1972, la prima isola pedonale del mondo. A seguire un trasporto pubblico efficientissimo, che trasporta 20.000 passeggeri l’ora (più di quanti viaggino nei mezzi pubblici di New York); 160 km di piste ciclabili; un sistema d’avanguardia nella raccolta differenziata dei rifiuti; 30 biblioteche, 20 teatri, 74 musei e centri culturali, 120 scuole con corsi serali per l’alfabetizzazione e la formazione professionale; decine di parchi (Curitiba è la città più verde del mondo per numero di metri quadri di verde per abitante); la riqualificazione dei quartieri più poveri e così via. Curitiba ripropone i centri urbani del passato in forme contemporanee: dimensione contenuta, ecologia e politiche sociali, partecipazione. Ci insegna a non desistere: nulla sarebbe possibile se non tentassimo l’impossibile.

Più informazioni