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Luci della città

Castelli, facciamo come la Loira

di Giorgio Pagano

Lunigiana, Castiglione del Terziere (2011)

Qualche mese fa è stato pubblicato il volume “Nel territorio della luna. Castelli tra terra e mare”, curato da Pia Spagiari per conto della Regione Liguria e della Provincia della Spezia: un utile strumento per fare il punto sui temi del restauro, del riuso e della gestione di questi beni così preziosi. I Castelli spezzini sono emergenze architettoniche che si integrano compiutamente con i borghi, gli altri monumenti, la natura circostante configurando un paesaggio talmente bello da colpire i viaggiatori di ieri e di oggi. Belli, ma anche importanti dal punto di vista storico: i Castelli, infatti, arroccati a guardia delle vie di comunicazione e a protezione degli abitanti del Magra e del Vara, oppure situati sulle rive del mare, a difesa dei borghi della costa, sono fondamentale testimonianza delle vicende storiche della nostra terra, documenti di un modo di vivere e di costruire di un tempo lontano. Nel 1990 scrissi, con Attilio Casavecchia, il volume “Castelli della provincia spezzina”: schede storiche e fotografie (molto belle, di Mario Icardi) su ognuno dei 23 Castelli della provincia. A riguardare le foto si nota subito come il lavoro di restauro che allora auspicavamo sia andato molto avanti, consentendo il recupero di molti Castelli: l’ultimo è quello di Bonassola, inaugurato pochi giorni fa. Il volume curato dalla Spagiari si sofferma sulle realtà più significative: il Castello di San Giorgio a Spezia, sede del Museo Archeologico; il Castello di Lerici, che ospita il Museo Geopaleontologico; il Castello Doria a Portovenere, utilizzato per varie iniziative culturali; la Fortezza di Firmafede e quella di Castruccio a Sarzana, anch’esse luoghi di eventi; il Castello di Calice al Cornoviglio, in cui sono convogliate la Pinacoteca David Beghè, il Museo Pietro Rosa, il Centro di Educazione Ambientale, il Museo dell’Apicoltura e, da ultimo, il Museo della Brigata Val di Vara, dedicato alla Resistenza. Ma tante altre sono le realtà vitali: si pensi ai castelli di Riomaggiore, San Terenzo, Ameglia, Varese Ligure… Il volume presenta poi le linee guida, redatte da Roberto Ghelfi, del “Centro museale multimediale del sistema fortificato lunigianese”, che la Provincia intende realizzare a Sarzana nella Fortezza di Firmafede. Per sistema lunigianese si intende correttamente l’insieme delle opere difensive della Lunigiana storica, il “territorio della luna” compreso all’interno di due Regioni, la Toscana e la Liguria, e di due province, Massa Carrara e La Spezia. Il nuovo Museo sarà quindi dedicato anche ai Castelli della Lunigiana toscana, belli e importanti quanto i nostri: Pontremoli, Malgrate, Castiglione del Terziere, Lusuolo, Terrarossa, Verrucola, Massa, Fortezza della Brunella a Aulla, Fosdinovo…
Pia Spagiari, infine, affronta il problema della gestione, evidenziando la grande diversità delle esperienze: a Spezia opera l’Istituzione dei Servizi Culturali; a Lerici un Consorzio con soci al 50% Comune e Provincia; a Portovenere e a Sarzana i beni sono stati concessi in uso dalla Sovrintendenza ai Comuni, che hanno affidato la gestione alle società “Portovenere servizi portuali e turistici” e “Itinerari culturali a Sarzana”; a Calice il Comune fa da gestore unico, con la collaborazione di privati. Una diversità che è anche frammentazione. La Spagiari ritorna sull’idea di un Sistema Museale Provinciale, che fu oggetto, nell’ultima fase del mandato mio e di Pino Ricciardi, di uno studio promosso da Comune della Spezia, Provincia e Fondazione Cassa di Risparmio, e ricorda le “difficoltà e gli intoppi” che la proposta ha poi conosciuto: “Il Sistema Museale Provinciale aveva finalità che non ha potuto portare a fondo, per la non piena volontà degli enti a cedere autonomia e delegarla. Pertanto non è stato possibile attuare gli obbiettivi prefissati (gestione unitaria, servizi comuni, ecc)”. Sono convinto che l’idea fosse giusta, e che vada in qualche modo ripresa: se si facesse sistema si accrescerebbero visibilità, attrattività e standard di qualità dei singoli poli, e si risparmierebbe. Penso intanto, per cominciare, a un modello policentrico, capace sì di rispettare l’autonomia gestionale delle singole realtà (a cui si tiene) ma anche di dar vita a un coordinamento che rafforzi il marketing, promuova gli scambi e la cooperazione, razionalizzi risorse e produca economie di scala.
Nel volume questa tesi è illustrata molto bene da Cristina Baudone, dell’Istituto Valorizzazione Castelli della Lunigiana toscana: anche questi beni soffrono della nostra stessa malattia, la carenza del fare sistema. “L’incapacità di costituire un sistema -scrive la Baudone- crea una visione del patrimonio incerta e frammentaria: il visitatore percepisce i Castelli come oggetti individuali, svincolati dal territorio, senza più coglierne il sistema di relazioni che faceva dei Castelli della Lunigiana una organizzazione territoriale estesa. Manca una pianificazione organica e unitaria che comprenda tutte le emergenze storico-culturali del territorio, che coinvolga oltre agli enti pubblici anche i privati e le associazioni culturali, che vanno coinvolti nella definizione di questo sistema e nell’individuazione dell’eventuale soggetto gestore. Una gestione unitaria potrebbe garantire vantaggi economici, organizzativi, promozionali, ecc, oltre che ad agire da volano per uno sviluppo dell’economia locale, attraverso il consolidamento di un terziario innovativo e di servizi avanzati”. Sistema o rete, dunque, dei nostri Castelli e dei Castelli toscani: ecco quel che occorre. Ma anche sistema o rete di tutti i Castelli del territorio della luna, liguri e toscani. Guardando pure ai rapporti con il sistema dei Castelli dei Fieschi nel Tigullio e nel territorio piacentino e con quello dei Malaspina nel parmense. Il futuro è in una programmazione d’area vasta, che dia vita a veri e propri “distretti culturali”. In questo modo, scrive la Spagiari, potremmo “competere con il sistema francese dei Castelli della Loira e con quello delle grandi dimore inglesi”. Per farcela abbiamo bisogno di amministratori lungimiranti e capaci di visione strategica, in controtendenza rispetto al municipalismo e al pragmatismo senza meta, tutti confinati nel presente, oggi imperanti. Le Province saranno in futuro guidate dai Sindaci: spetta quindi a loro, e soprattutto ai Presidenti e agli Assessori alla Cultura delle due Regioni, dimostrarsi all’altezza della sfida.