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Luci della città

Anche la città deve guarire

di Giorgio Pagano

Torino, Parco del Valentino (2011) (foto Giorgio Pagano)

Mentre dovremmo fare in modo che la pandemia acceleri quella svolta ecologica che, pur tra tante difficoltà, era iniziata, rischiamo, in realtà, di andare nella direzione opposta. Le automobili potrebbero tornare in circolazione più di prima, se tanti sceglieranno il mezzo privato pur di non salire su bus e treno o di non praticare il car sharing (il noleggio condiviso). Così come il recente crollo del prezzo del petrolio, alterando violentemente gli equilibri di prezzo a favore delle energie fossili, potrebbe incentivarne la “restaurazione”, a danno delle energie rinnovabili.
In questo modo aggraveremmo, con il carbonio introdotto in atmosfera, il cambiamento climatico, che -anche se ne abbiamo scarsa percezione- è un disastro di proporzioni straordinariamente più ampie del Covid-19. Il 2019 è stato il secondo anno più caldo mai registrato, dopo il 2016. E a febbraio, in Antartide, si è misurato un record incredibile di temperatura: 20, 75 gradi. Ha scritto il geologo e divulgatore scientifico Mario Tozzi:
“Ci addolorano le 300 mila vittime che Covid-19 ha mietuto in tutto il mondo, ma non ci impressionano più di tanto i quattro milioni di morti in più, rispetto alle medie “normali”, che l’Oms segnala da tempo a proposito dell’inquinamento atmosferico. 80 mila solo in Italia, quando per il virus ne piangiamo, per ora, molto meno della metà. Perché? Perché clima e aria non si toccano (come il virus), ma non sono immediatamente mortali o infettivi: nessuno sembra soffrire conseguenze gravi direttamente a causa del clima che cambia. In realtà non è affatto così, ma il legame tra alcune drammatiche conseguenze e tragedie vere e proprie (per esempio i morti di fame e di sete, oppure i naufraghi migranti, o le vittime delle alluvioni) e il cambiamento climatico, pur essendo diretto causa-effetto, è nascosto, e fatica a venire alla luce. Soprattutto in termini di comunicazione.”
Va inoltre ricordato che esistono molteplici studi nella letteratura scientifica che attestano una correlazione tra livelli di inquinamento atmosferico e letalità di Covid-19. In Italia è stato dimostrato che le regioni maggiormente colpite dal virus (Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna) sono tra le più inquinate in Europa, e lo stesso discorso è stato applicato ad altri contesti al di fuori dei confini nazionali. La ricerca scientifica in materia deve andare avanti, ma tutte le ipotesi, finora, suggeriscono che l’inquinamento atmosferico sia uno dei fattori in grado di aggravare l’impatto di Covid-19 sulla popolazione.
Ecco perché non possiamo tornare al vecchio modello di sviluppo. Parecchie cose si sono messe in moto per la sua conversione ecologica. L’Unione europea ha scelto di mettere l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, approvata da tutti i Paesi ONU nel 2015, al centro delle sue politiche: è una rivoluzione rispetto al passato. Non a caso, il primo passo della nuova Commissione è stato la presentazione dell’European Green Deal, un progetto di profonda trasformazione del sistema economico. Il Piano ha molte incognite, l’Italia è ancora ferma agli annunci… ma è una grande sfida da cogliere.
La sfida riguarda anche le città. Qualcosa c’è nel “Decreto Rilancio”: gli incentivi per le bici, l’ecobonus per le ristrutturazioni energetiche delle case… Ma occorrerebbe molto di più.
C’è chi sostiene che la pandemia porterà alla “fuga dalle città”. Ripopolare i vecchi borghi delle aree interne è certamente necessario, ma la contrapposizione città-campagna è sbagliata. Dobbiamo smettere di urbanizzare la campagna e, nello stesso tempo, dobbiamo far sì che la vita urbana non divorzi dalla natura. Anche la città deve guarire. Significa far entrare la campagna nella città ricoprendo quest’ultima di alberi, piante, spazio pubblico. Significa spingere per l’utilizzo di bici, auto elettriche, mezzi pubblici ecologici. Significa smetterla di costruire futuriste città lunapark e tornare a costruire le città come sempre abbiamo fatto in passato.
A Spezia il Comune ha manifestato l’intenzione di puntare sulle bici. Bene, è un primo passo. A cui devono seguirne molti altri. Il più importante è impedire che al posto della centrale a carbone l’Enel realizzi una centrale a gas. Un tema su cui si è creata una unità politica in città, molto precaria ma comunque molto importante, che va consolidata con una grande spinta popolare che porti la Regione dalla nostra parte e non dalla parte dell’Enel.
La prossima pandemia, purtroppo probabile in un pianeta che abbiamo devastato, la sconfiggeremo solo se non torneremo alla “normalità” che l’ha prodotta. L’abbiamo compreso? Perché non c’è crisi peggiore di quella che non si comprende.