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Economia

Rifiuti e acqua, tariffe elevate e servizi scarsi

Il panorama ligure è variegato, ma la costante è la scarsa qualità delle performance. La Spezia al top negli incrementi tariffari.

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Sono stati presentati i risultati dell’Osservatorio Regionale tariffe realizzato da Ref Ricerche per conto dell’Unioncamere Liguria. Tema dell’incontro l’andamento delle tariffe dei rifiuti solidi urbani e dell’acqua potabile praticate alle famiglie ed alle imprese sul territorio ligure. Disponibile all’indirizzo http://liguria.repertoriotariffe.it l’archivio telematico aggiornato Tasp, strumento di trasparenza che consente agli utenti di calcolare la spesa e confrontarla con quella degli altri Comuni, di consultare agevolazioni e scontistiche in uso e di scoprire la qualità del servizio.

I rifiuti solidi urbani.
La prima evidenza che emerge dal monitoraggio effettuato su 46 Comuni liguri con popolazione superiore a 5 mila abitanti (il campione è rappresentativo di circa 1,2 milioni di cittadini) riguarda la spiccata variabilità della spesa. Se per una famiglia media di tre componenti il valore massimo è quasi 3 volte quello minimo, il fenomeno di dispersione si registra in misura ancora più accentuata sulle PMI: nel caso di un’industria di trasformazione alimentare, ad esempio, in alcuni Comuni si arriva a pagare 9 volte di più per il servizio di igiene urbana.
In generale il posizionamento dei capoluoghi liguri è sfavorevole rispetto agli altri capoluoghi italiani: nella graduatoria nazionale Genova, Savona, Imperia e La Spezia tendono a collocarsi oltre la media, confermandosi tra le città più care per il costo dei servizi pubblici locali.
Spesa più elevata alla quale, tuttavia, non corrisponde una adeguata qualità del servizio: sintetizzando alcuni indicatori che hanno a che vedere con le caratteristiche del servizio, la completezza della carta del servizio e l’attenzione alle imprese, la valutazione sui capoluoghi liguri è complessivamente negativa (solo Genova raggiunge la sufficienza).
L’introduzione nel 2014 della Tari ha determinato una redistribuzione del carico sulle diverse utenze, in virtù del principio comunitario “chi inquina paga”: l’impatto è stato più rilevante per le famiglie numerose e per quelle tipologie di attività, come il ristorante, alle quali è associata una producibilità presunta di rifiuto più elevata, mentre ne hanno beneficiato i nuclei monocomponenti ed altre categorie di attività economica, dal parrucchiere all’albergo. Forti rincari, infine, nei Comuni che nel 2013 ancora applicavano la Tarsu, la vecchia tassa rifiuti che non prevedeva l’obbligo di copertura integrale dei costi.
Prendendo a riferimento il biennio 2012-2014, periodo durante il quale si sono stratificati successivi interventi normativi, dall’introduzione della Tares all’adozione della Tari, l’impatto sulla spesa sostenuta dagli utenti finali risulta di segno ed intensità divergente. Per le utenze domestiche si osservano adeguamenti al rialzo medi nell’ordine del 17% e del 40% rispettivamente per i nuclei familiari di 3 e 5 componenti, mentre tra le utenze non domestiche gli aumenti arrivano a superare il 60% per il ristorante (con picchi del 300%). Spesa in flessione, al contrario, per i single (-5%), alberghi (-7%), parrucchieri (-1%) e industrie alimentari (-15%).

Acqua potabile.
La variabilità della spesa che caratterizza anche il servizio idrico (a seconda della localizzazione e a parità di altre condizioni, un albergo può pagare fino a 5 volte di più, un ristorante fino a 4, un parrucchiere fino a 3) riflette le peculiarità dell’assetto organizzativo ligure. La Regione è spaccata in due: in Provincia di Genova e della Spezia la tariffa viene definita dall’Autorità di Ambito territoriale, secondo quanto stabilito dal regolatore nazionale (l’AEEGSI, l’Autorità per l’Energia Elettrica il Gas ed il Servizio Idrico), mentre in Provincia di Imperia e Savona la competenza tariffaria è ancora in capo ai singoli Comuni.
Anche nel confronto italiano la distinzione tra levante e ponente rimane netta: a Savona e Imperia la spesa è tra le più basse d’Italia, mentre Genova e La Spezia, per contro, sono sostanzialmente allineate alla media Italia.
Coerentemente con quanto già rilevato per i rifiuti urbani, giungono indicazioni poco confortanti sul versante qualità: la valutazione della qualità commerciale offerta a famiglie ed imprese è soltanto sufficiente in tre Comuni capoluogo su quattro (sul giudizio negativo assegnato ad Imperia pesano le ingenti perdite di rete e l’assenza di un impianto di depurazione). In ragione degli investimenti infrastrutturali che il settore idrico richiede, le variazioni nell’ultimo biennio sono rilevanti. Ad un incremento medio del 4.5% tra 2012 e 2013, si sommano gli adeguamenti approvati negli ultimi mesi: a Genova le tariffe aumenteranno del 6.5%, alla Spezia addirittura del 9%.

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