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Un giovane laureato: "Il biodigestore è un’occasione per tutto il territorio"

Un render del biodigestore a Saliceti

Mi chiamo Giordano Odone e sono un ragazzo di Spezia. Da ormai tre anni studio a Bologna, dove da qualche settimana mi sono laureato in Scienze Agrarie. In seguito all’acceso dibattito che si è sviluppato negli ultimi mesi riguardo alla possibilità di realizzare un impianto di digestione anaerobica (ormai noto come “il biodigestore”) in provincia della Spezia, ho deciso di esprimere la mia opinione sul tema anche in ragione dei miei studi che sono stati particolarmente approfonditi a riguardo.
Innanzitutto mi preme spiegare brevemente in cosa consiste un impianto del genere. Un impianto di digestione anaerobica ha lo scopo di trattare la cosiddetta FORSU o Frazione Organica dei Rifiuti Solidi Urbani (costituita banalmente dagli scarti organici come fondi di caffè, residui di frutta e verdura, etc.) al fine di produrre il biogas, una miscela costituita principalmente da metano e anidride carbonica, e il digestato, il substrato organico residui di questo processo. Questa ‘trasformazione’ avviene grazie a miliardi di batteri appartenenti alla classe dei metanogeni che, in condizioni di assenza di ossigeno (ecco perché si parla di digestione anaerobica) e a temperature controllate (il processo risulta più efficiente se avviene ad almeno 35°C), decompongono la materia organica dei rifiuti rilasciando metano e CO2. Il biogas raccolto viene poi depurato tramite acqua pressurizzata separando il metano dalla CO2. A questo punto il metano ottenuto (denominato come biometano) può essere immesso nella rete e utilizzato per il riscaldamento delle abitazioni o come carburante per le autovetture. Il substrato organico residuo, detto digestato, viene miscelato con scarti di potatura e sottoposto a compostaggio per alcuni mesi: il compost ottenuto può essere ceduto a cittadini e agricoltori per utilizzarlo come terriccio per vasi o ammendante dei suoli. Un impianto del genere presenta numerosi vantaggi per il territorio in cui viene realizzato:
garantisce un corretto smaltimento dell’organico;
grazie alla produzione di biometano permette di ridurre le importazioni di metano di origine fossile rendendo il territorio circostante più autosufficiente nell’approvvigionamento energetico;
grazie alla produzione di digestato e la sua distribuzione sui terreni agricoli limitrofi, aumenta la dotazione di sostanza organica dei suoli e quindi la fertilità degli stessi, contribuendo a produzioni agricole di qualità;
si configurerebbe come un impianto altamente sostenibile dal punto di vista ambientale: ad oggi i rifiuti organici prodotti dagli spezzini (29’000 tonnellate/anno) vengono spediti in Lombardia per essere smaltiti con un enorme costo ambientale (basti pensare alle emissioni dei camion utilizzati a questo scopo) ed economico, che si ripercuote inevitabilmente in bolletta. Lo stesso avviene per tutte le province della Regione in quanto in Liguria non esiste ancora alcun impianto di digestione anaerobica;

Nella zona di Saliceti verrebbe realizzato un sito capace di trattare 60’000 tonnellate/anno di frazione organica (provenienti dalla provincia di Spezia, dal Tigullio e da parte della città metropolitana di Genova) e 30’000 t/anno di scarti di potatura e residui vegetali derivanti dalla cura del verde cittadino. In un anno verrebbero prodotti 6 milioni di metri cubi di metano, capaci di alimentare ben 10’000 utilitarie per un anno, e 14’300 t di compost.
Queste sono le ragioni principali per cui a mio parere sarebbe auspicabile la realizzazione di un biodigestore in provincia di Spezia. Al fine di rendere i vantaggi ancora più tangibili per il lettore vorrei presentare alcuni dati relativi al biodigestore da poco entrato in funzione in provincia di Bologna (a Sant’Agata Bolognese), che accoglie gli scarti organici della città metropolitana di Bologna. In un anno questo impianto è in grado di “digerire” 100’000 t di FORSU e 35’000 t di “frazione verde”, producendo 20’000 t di compost e 7,5 milioni di m3 di biometano, pari a 6’000 TEP (Tonnellate di Petrolio Equivalente). Il metano prodotto viene poi utilizzato in parte per alimentare le auto aziendali della multiutility Hera, ma anche bus e taxi circolanti a Bologna, e per rifornire 4 distributori di metano per autotrazione dislocati in città e provincia.
Nonostante quindi la taglia minore del biodigestore spezzino rispetto all’esempio bolognese, i vantaggi ambientali ed economici sono innegabili e sarebbe quindi molto poco lungimirante rinunciare ad un’occasione per tutto il nostro territorio.

Giordano Odone

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