La Spezia - Una volta un grande allenatore disse: "Se la vuoi far girare in maniera diversa devi essere tu a determinare le situazioni in campo. Devi essere più sveglio, più scaltro, più vivo. Il calcio non è solo tattica o strategia. Il calcio è anche una corsa in più, una maglia tirata, una scivolata, un pallone in curva". Forse è davvero questo a renderlo lo sport più seguito al mondo. C'è chi ci vede soprattutto scienza e chi soprattutto coscienza. Tutti possono essere concordi come da questa dicotomia scaturisca l'imprevedibilità che spinge milioni di persone a vedere ogni domenica cosa succederà questa volta.
Vincenzo Italiano oggi compie 43 anni ed è uno che ha abbracciato entrambe gli aspetti con naturalezza. Non è un filosofo, non usa citazioni letterarie, non si sforza di partorire concetti alti quando parla. Eppure è uno che sta facendo la sua rivoluzione con un lavoro intellettuale. Nella tesi con cui si è laureato a Coverciano la parola "ragione" e derivati compare cinque volte nella prima parte, quella dedicata al pensiero tattico. Su questa materia che trova compimento nei piedi, lui ci ha evidentemente speso il cervello. Prima di diventare azione, c'è stato il pensiero.
Nello stesso scritto c'è anche uno straordinario "organizzato mentalmente". Un'espressione che usa per spiegare il dono che un bravo allenatore può fare ai propri calciatori. E allora lì vale la pena averle viste giocare le sue squadre, che sia l'Arzignano Valchiampo in serie D o lo Spezia in serie A. Gli stessi rilievi critici entusiastici che piovono sugli aquilotti oggi arrivavano ai tempi della sua esperienza in Veneto. Ai tempi vuol dire tre compleanni fa, visto che le quaranta candeline le spense proprio nell'ultimo campionato prima del salto nel professionismo. Anche allora erano "tutti registi" in campo per lui.
Qui sta il nucleo del lavoro di Italiano, che funziona in ogni categoria. Dopo averlo visto operare per una stagione e mezza ci prendiamo il lusso di una sintesi: è il tecnico che sta cercando il modo per cui il gioco non si interrompa mai. Per i tecnici del calcio quel gioco magari è inteso come manovra ed esercizio, per chi sta sugli spalti più che altro sarà diversione e competizione. Un'ecumene in cui la collettività dei calciatori che si esaltano a muoversi in questa costruzione è la collettività dei tifosi che godono dello spettacolo che viene offerto. Sì, anche quando si perde.
Così si mettono d'accordo davvero tutti. Il fatto poi che Italiano non abbia nelle sue corde la tendenza a vendersi, a fare l'uomo marketing di sé stesso, ce lo rende ancora più apprezzabile. E' estraneo a quel vuoto e pretenzioso linguaggio pubblicitario che ha invaso tutto lo scibile, dai post privati sui social fino alla comunicazione politica e istituzionale. Il suo è un racconto per immagini ed azioni, tanto più preziose perché arrivate nell'anno del dolore e della paura per tante persone. Qualcosa che crea un legame con la Spezia che non potrà che andare oltre la generazione attuale.
Tutto ciò che conta oggi, e che rimarrà, è un messaggio di gioia, reattività e sacrificio. Ciò che con la frase iniziale, un allenatore stava cercando di spiegare ai suoi calciatori quella volta. Certo, era proprio Vincenzo Italiano e la disse prima di Spezia-Trapani. E sapete cosa? Quella partita la perse poi per 2-4 contro l'ultima in classifica. Ma rimase al suo posto insieme alle sue idee. Fino al trionfo che non ha potuto vivere, ma che questa città sportiva non smetterà mai di dedicargli.