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Spezia calcio

Nenè: "A volte non c’era la cena, ma a mia madre non lo dicevo"

Il brasiliano racconta la sua storia ai liceali: "Ho lavorato dai 12 ai 17 anni, poi a 18 sono diventato calciatore".

I giocatori dello Spezia al liceo "Pacinotti"

“Stiamo qua fino a domani se dovessi raccontare tutta la mia storia”. Come nello spogliatoio, quando prende la parola Nenè tutti ascoltano. E’ così anche al liceo “Pacinotti” dove un gruppo di giocatori dello Spezia ha incontrato i liceali spezzini. Tanta curiosità sul percorso di vita che ha portato il numero 9 aquilotto a fare la carriera che ha fatto. “In Brasile ci sono tanti problemi, io vengo da una famiglia povera e ho iniziato a giocare a calcio a 18 anni. Prima, dai 12 ai 17 lavoravo. Andavo a giocare a un’ora di casa, a piedi perché non c’erano pullman. Al pomeriggio andavo a lavorare, a casa c’erano mia madre e i miei due fratelli, mio padre era andato via. La sera, forse, trovavo un piatto di riso e un po’ di verdure”.

La “fame”, termine che spesso viene usato per indicare la voglia di arrivare di qualche calciatore che viene dalla gavetta, in questo caso era qualcosa di molto reale. “A mia madre dicevo sempre che stavo bene, perché avevo paura mi obbligasse a tornare indietro. All’inizio non prendevo tanti soldi, non riuscivo a mandarne a casa e per questo ho pensato anche di smettere. Addirittura, ho pensato di lasciare quella che oggi è mia moglie, che allora aveva 17 anni, perché pensavo di non poterle offrire quello che meritava. Poi mi hanno dato l’opportunità di andare nella serie A brasiliana e le cose hanno iniziato ad andare un po’ meglio”.
“Sognavo di giocare in Europa, con il Milan o l’Inter. Poi alla fine a queste squadre sono riuscito a segnare. Quasi tutti mi chiedono perché ho scelto la serie B: a Spezia sono arrivato sei mesi in prestito, poi sono tornato al Verona ma quando mi hanno richiamato da qua ho preso l’occasione al volo. Devi stare in un posto in cui sei felice, solo così hai la testa libera per lavorare. Oggi sono contento, ho una famiglia che sta sempre insieme a me e questo mi dà la forza di fare il mio lavoro in campo”.

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