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Spezia calcio

Luca Coti compie 45 anni: "Bjelica è un allenatore da Spezia"

Dieci anni fa rifiutò il Vicenza e la serie B per rimanere aquilotto, oggi compie gli anni alla vigilia della trasferta veneta per le Aquile: "Squadra strutturata che non molla mai, vedo un bello spirito".

Gianluca Coti

“Spezia ti rimane sempre dentro: oggi sono quarantacinque, ma se ripassate per i settanta vi dirò le stesse cose”. Quarantacinque anni nel vento per Gianluca Coti, simbolo di un’epoca di rinascita per lo Spezia Calcio e uno dei giocatori più amati della storia del club. Li compie il giorno prima di Vicenza-Spezia, lui che non è un ex solo in virtù del gran rifiuto di dieci a passa anni fa, quando disse “no” a Mandorlini e alla serie B. Il coraggio di non prendere un treno che non sarebbe più ripassato, quello della serie B.
“E’ la verità, quando mi sono trovato davanti a quella scelta ho fatto fatica. La sera prima ero turbato, io e la mia famiglia stavamo bene alla Spezia. Abbiamo preferito la piazza alla categoria. L’ingaggio? Ho rinunciato a qualcosa, ma la società mi ha sempre riconosciuto l’impegno ogni anno. Sono sempre stato bene, e alla fine per come ho vissuto la mia carriera, tutto ciò che arrivava era di guadagnato”.

Cosa ne pensi dello Spezia di Bjelica, l’hai visto giocare?
“Sono venuto al Picco un paio di volte. L’impressione è che ci sia uno spirito diverso rispetto agli ultimi anni. Vedo innanzitutto un allenatore da Spezia: una figura carismatica, in grado di strascinare la gente, anche grazie ad alcune scelte coraggiose. E poi ho visto un gruppo che non molla mai. Ma spendo anche due parole per chi si vede meno: so che Umberto Marino non è visto bene da tutti, ma io lo conosco da tempo e dico che è un grande lavoratore, una persona seria che sa il fatto suo”.

Questa squadra può arrivare fino in fondo?
“Secondo me sì, è strutturata bene. Giocatori tosti dietro, atleti con tanta gamba in mezzo e davanti attaccanti che fanno sempre gol. Magari non c’è ancora il bomber da 20 reti, ma segnano in tanti: è tornato da poco Giannetti, poi ci sono Ebagua e Catellani. In generale un bel mix con pochi punti deboli”.

L’ambiente ne ha molto beneficiato, si respira un’aria che mancava da tempo.
“Anche quando ha perso, la squadra ha sempre lottato fino all’ultimo. Alla Spezia questo ti viene sempre riconosciuto. Se poi sei anche in alto in classifica… So come funziona, e ti dico che da quando sono andato via non è passato una giorno senza che mi informassi sulle Aquile. Quando la vivi così, Spezia ti rimane dentro. Oggi sono 45 anni, ma a 70 ti dirò le stesse cose. Oggi come ai miei tempi è una realtà davvero diversa e importante: auguro a qualsiasi ragazzo di passarci, perché veramente ti lascia qualcosa”.

I ragazzi venuti dalla Croazia sono una bella sorpresa: umili e determinati, sono uno dei simboli di uno Spezia che è ripartito dalle basi.
“Non sempre avevo visto l’atteggiamento giusto nell’era Volpi, dico la verità. Se tutti si mettono a disposizione è anche merito dell’allenatore per me. Tanti dicono che l’allenatore non serve, che in campo vanno i giocatori e che sono loro che determinano fortune o disastri. Non è vero, ci deve essere una persona brava a comunicare e a far sentire tutti importanti. Quando è così, anche chi gioca meno non può che parlarne bene”.

Parliamo di te: il tuo lavoro da procuratore come procede?
“Ho grande passione e tento di portare le mie esperienze da giocatore in questo nuovo mondo, molto competitivo. Da giocatore ho fatto un percorso particolare nelle scelte di carriera, dall’inizio alla fine, e ancora vedo tanti ragazzi che hanno qualità ma non la fortuna di essere presi da qualche società importante. Il Carpi ne è la dimostrazione: ha collezionato tanti sconosciuti da categorie inferiori e in un paio d’anni stanno costruendo una cosa bella. Mi ricordo Gagliolo quando giocava a Imperia in D, lo guardavo e mi chiedevo come facesse a giocare nei Dilettanti uno che aveva fisico e testa come lui. Mi piace andare a scovare ragazzi così, che hanno solo bisogno di una chance per dimostrare quanto valgono”.

Il tuo mentore di tanti anni fa, Andrea Mandorlini, vive una stagione difficile.
“Sì, ma io lo reputo ancora uno degli allenatori tra i più bravi che ci sono in giro. Lo dico spesso, per me merita una grande squadra e lo ha dimostrato negli ultimi 15 anni. Il Verona ha cambiato tanto e ora fanno fatica, ma lui lavora bene sul campo, ha grande esperienza anche al di fuori del rettangolo di gioco e poi è una persona vera. Forse anche fin troppo”.

Dei vecchi compagni, chi senti ancora?
“Con Bordin ci sentiamo spesso, con Melucci ci vediamo ogni volta che metto a Spezia. Anche con Igor Zaniolo abbiamo ancora un buon rapporto, e poi ogni tanto vedo Menloascina. Sono contento per Cangini che è tornato a lavorare per lo Spezia. E poi Mingazzini che ora è alla Lucchese… gli manca solo la Carrarese e ha fatto tutte le “nemiche” (ride, ndr)”.

E se arrivasse di nuovo una chiamata dallo Spezia Calcio per Coti?
“Mai dire mai. Non lo so, dico solo che io comunque mi sento spezzino e lo dico con fierezza. Pensa, quando feci la comunione a mio figlio tornammo a casa e non riuscivo a entrare dalla porta da quanti mazzi di fiori mi avevano lasciato”.

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