La Spezia - Per guarire quel ginocchio malato ci vollero le sabbiatura di Monterosso. Per guarire la ferita dell'animo non è bastata tutta la sua lunga vita. Una vita che Sauro Tomà ha abbandonato questo pomeriggio a 92 anni, da spezzino per sempre legato al Torino e alla città di Torino. Il terzino mancino scampato alla tragedia di Superga che un'articolazione dolorante aveva tenuto lontano dalla trasferta di Lisbona e dal volo di ritorno che si schiantò sulla Basilica di Superga il 4 maggio del 1949. L'ultimo testimone e custode di quel gruppo di ragazzi che incantava il mondo sul rettangolo verde.
Era nato alla Spezia il 4 dicembre del 1925, originario del quartiere di Rebocco a pochi chilometri dallo stadio "Alberto Picco". Cresciuto nello Spezia, chiamato per un provino da Sergio Persia, fratello di Wando Persia che in quegli anni era capitano dei bianchi e lo sarebbe stato anche all'Arena di Milano quando lo Spezia sconfisse il Torino di Vittorio Pozzo. Voleva fare il portiere e invece finì a fare le mezzala, in prestito al Rapallo Ruentes e poi all'Entella di Chiavari per farsi le ossa. Giocò poi un anno con la maglia della sua città nel campionato di serie B 1946/47 con Ottavio Barbieri in panchina e tanti altri indimenticabili: Costa, Rostagno, Scarpato, Amenta, Fiumi e Tori tra gli altri.
A fine stagione il Torino offrì cinque calciatori allo Spezia per averlo: Enzo Fabbri, Cesare Nay, Daniele Borsato, Giuseppe Cavagnero e Tullio Maestri. L'affare si fece, Tomà passò in granata e si traferì in quella che sarebbe stata la sua città per il resto della sua vita. Diventò un giocatore importante anche con i campioni d'Italia con cui avrebbe vinto due scudetti di seguito. Dopo la fine tragica del Grande Torino tornò alla Spezia per qualche tempo per curarsi. Giocò anche con Brescia e Bari, con cui vinse un campionato di serie C.
A fine carriera continuò a vivere a Torino abitando non distante dallo stadio "Filadelfia" e svolgendo l'attività di commerciante. "Potevo tornare a vivere alla Spezia, ma non me la sarei sentita di lasciare i miei compagni", confessò in un'intervista pochi anni fa. Nel 1998 le sue memorie furono affidate al libro "Me grand Turin". Nel 2012 la Città di Torino gli attribuì il sigillo civico.