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"Costretti a giocarcela? Ce la siamo sempre giocata"

Il tecnico dello Spezia, protagonista dello speciale di B-Magazine, si racconta. "Il 4-3-3 occupa meglio il campo, lavoriamo sempre sugli avversari in settimana. Il risultato è conseguenza della prestazione. I giovani? Con me sono sempre migliorati".

Pasquale Marino

Il Marino-pensiero è protagonista del mensile della Lega B di aprile. Tre pagine di intervista per il tecnico dello Spezia, tra quelli di maggiore esperienza in cadetteria e tra i pochissimi ad aver anche allenato in serie A e nelle coppe europee. Il maestro di Marsala racconta della stagione e del suo modo di intendere il calcio. “Direi che fino ad ora possiamo essere abbastanza soddisfatti. Purtroppo abbiamo avuto una flessione tra fine febbraio e inizio marzo, ma abbiamo reagito andando a vincere sul campo del Benevento, una squadra che ha un’ottima rosa. Stiamo facendo di tutto per conquistarci una posizione tra le prime otto”, si legge sul magazine digitale.

Il 4-3-3. “E’ il sistema di gioco che, a mio modo di vedere, permette di occupare meglio gli spazi. Quando ho iniziato ad allenare e, fino a un certo punto della mia prima stagione a Catania, quella della promozione dalla B alla A, ho utilizzato il 3-4-3 che è più offensivo. Poi ho cambiato. In settimana lavoriamo parecchio contro il sistema di gioco che andiamo ad affrontare in partita. Mi spiego: io e i miei collaboratori vediamo le partite degli avversari, appuntiamo i movimenti di squadra e poi, contro undici giocatori schierati, andiamo sul campo e facciano a vedere quali movimenti fare, dove ci sono spazi per creare la superiorità numerica o per smarcarsi”.

I giovani. “Ho sempre pensato che il risultato fosse la logica conseguenza della prestazione, se giochi bene, se hai un’identità spiccata, la squadra può anche perdere, ma la partita successiva la vince. Soprattutto i calciatori, giocando la palla, migliorano le proprie qualità, si assumo delle responsabilità e a fine stagione hanno un valore superiore. Non voglio autocelebrarmi, perché ho fatto il mio lavoro… però con me ci sono ragazzi che sono migliorati e altri che hanno esordito in Nazionale, nelle nazionali dei loro Paesi natali. Alle mie squadre ho sempre chiesto di giocare, pure in A».

I play-off. “Chi arriva, sesto, settimo o ottavo può affrontare i play-off con uno spirito diverso, con una certa leggerezza. E’ costretto a giocarsela sempre, non ha il vantaggio di potersi accontentare del pareggio, per avanzare deve vincere. Io dico che tante volte, l’avere a disposizione due risultati su tre può snaturare la squadra. Se per tutta la stagione hai provato a fare la partita, se la squadra si è assunta dei rischi per vincere, sapendo che con il pareggio può passare il turno, inconsciamente gioca con il freno a mano tirato, si accontenta… ma la beffa è dietro l’angolo. Quindi, se dovessimo qualificarci ci comporteremo come abbiamo fatto durante tutta la stagione. Penseremo solo a giocare, zero calcoli”.

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