“Di fronte alla sconfitta più grave della storia della sinistra italiana del dopoguerra mi sarei aspettato una piena assunzione di responsabilità da parte di un segretario che, eletto con il 70% al congresso, ha potuto definire, in modo pressoché solitario, la linea politica, gli organigrammi e le candidature. Invece siamo alla ormai consueta elencazione di alibi e all’individuazione di responsabilità esterne”. Affida l’analisi del voto ad una nota su facebook durissima il ministro Andrea Orlando, eletto in Emilia Romagna dove era capolista a Parma e Piacenza, dopo un’infinita serie di riunioni per le candidature parlamentari che avevano portato ad una campagna elettorale evidentemente condizionata dalle divisioni. Il guardasigilli cala subito il secondo carico: “Da questo atteggiamento deriva la soluzione ambigua individuata, di dimissioni non dimissioni. Renzi, infatti, le annuncia ma le postdata e si riserva di renderle effettive soltanto dopo la conclusione della trattativa per la definizione degli assetti istituzionali e del nuovo governo”.
Sempre nella nota sulla sua pagina personale Orlando aggiunge: “Con l’annuncio delle dimissioni Renzi definisce la linea dei prossimi cruciali mesi e il percorso congressuale. Insomma, lo stesso gruppo dirigente che ci ha condotto alla sconfitta oggi si riserva il compito di affrontare, senza nessuna autocritica, questa travagliatissima fase per il PD e per il Paese.
Noi siamo, tanto quanto Renzi, contro i caminetti, ma anche contro i bunker”.