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Politica

La missione compiuta di Toti. I pesi e i contrappesi spezzini

Tanti voti e consensi per la lista che appoggiava la candidatura del presidente uscente, la Lega si ridimensiona, Fratelli d'Italia fa un salto. Numeri diversi nell'estremo levante dove le distanze non sono le stesse rispetto al resto della Liguria.

Import 2020

Nessuna meraviglia, nessuna sorpresa dall’esito delle urne: Giovanni Toti governerà per altri cinque anni la Liguria a capo della delegazione del centrodestra. Nulla da fare dunque per il centrosinistra unito ai Cinque Stelle che con Ferruccio Sansa rimane a debita distanza dal vincitore mentre quello che sarebbe dovuto essere il terzo polo, il professor Massardo con Italia Viva e il mondo liberale, è rimasto soltanto un’idea, ad oggi impraticabile e che vale veramente poco: fra il 2 e il 3%, perfino sotto i sondaggi. Che cosa ci dice questo voto? Innanzitutto che nell’unica regione dove pentastellati (a dir poco in caduta libera) e dem hanno tentato di correre insieme è andata peggio: in Toscana Giani ha vinto con il supporto di Italia Viva e Pd, in Puglia Emiliano è riuscito a farcela, contro Fitto ma anche contro Scalfarotto. Non c’è un metodo vincente esportabile, non un’alleanza che si può ripetere altrove, dalle parti del centrosinistra mentre nella zona opposta la lotta è sui rapporti di forza che sono voti, persone, rappresentanti e quote di potere. Ritorno di fiamma del bipolarismo? Forse. O forse, semplicemente, lo schizofrenico elettorato del Belpaese che a fasi alterne ama e odia il sistema proporzionale tanto quanto ama e odia il maggioritario, sente il bisogno di un governo che governi. Brama di normalità che con il Covid sembra essere ancor più pressante e forse spiega più di ogni altra cosa il risultato non certo eccellente di un Salvini e di un partito, la Lega, in evidente parabola discendente: in Liguria l’abbassamento del Carroccio è direttamente proporzionale all’avanzamento di Cambiamo!, la creatura totiana che ha tanta voglia di nazionalizzarsi e sulla quale lo stesso presidente uscente ha costruito una serrata campagna elettorale, sapendo di poter vincere senza grossi problemi ma con l’esigenza di affermazione dei propri uomini sui territori. Mentre altrove è stata Fratelli d’Italia a rappresentare una casa nuova o pseudo tale per chi non ha voluto dare il proprio voto a Salvini. Un Salvini che, non a caso, ha voluto chiarire che da domani parlerà con Toti e Zaia per costruire la nuova giunta, come a dire che comunque vada dovranno fare ancora i conti con lui.

In Liguria è andata come da copione, anzi da sondaggio. Le distanze fra chi ha vinto e chi ha perso erano attese e adesso la bagarre si sposta sulle preferenze e sulla composizione del prossimo consiglio regionale. Alla Spezia invece le cose sono andate diversamente: pur nella vittoria di Toti (che si afferma con un 7% in più di Sansa ed è evidentemente meno netta che altrove), le misure sono differenti e significative per studiare pesi e contrappesi delle alleanze anche in virtù di qualche posto liberato come nel caso di Gianmarco Medusei che, una volta eletto in consiglio regionale, uscirà dalla giunta Peracchini che dovrà anche fare i conti con il risultato di Fratelli d’Italia. Il dato che emerge con maggiore evidenza è che differentemente da Genova, la performance della Lega di Salvini nell’estremo levante, tiene: rispetto alle europee del 2019, che la vedevano come primo partito in Liguria, il Carroccio si aggira sul 17% ma a Spezia il partito regge, anzi, rimbalza, passando dal 18% del 2015 al 20% di queste ore. Come accennato, un altro risultato che potrebbe rimescolare le carte sul tavolo della maggioranza che sosterrà Toti è, sempre su base regionale, il 10-11% di Fratelli d’Italia, più del triplo del 3% del 2015, e il doppio, come percentuale rispetto alle scorse europee: a Spezia città un risultato persino leggermente migliore, tanto che su scala provinciale il partito della Meloni è subito dietro i totiani e nel comune capoluogo è perfino davanti, con dati non ancora definitivi ma già rilevanti. Il Partito Democratico non oltrepassa il muro del 20% in Liguria e rimane dietro al primo partito che è Cambiamo!, alla Spezia invece è in testa con il 23% dei voti seguito in scia dalla medesima Lega: forse qui prima che altrove la resa dei conti per una possibilità di ripartenza è avvenuta prima ma Via Lunigiana deve necessariamente concretizzare un processo di ricostruzione soltanto all’inizio. Per Cambiamo! il divario tra il dato ligure e quello spezzino è ragguardevole: 22/23% contro 14/15%. Continua, infine, il declino di Forza Italia, che nel 2015 aveva raggiunto il 12%, mentre oggi si ferma al 5%, in calo anche rispetto alle europee dell’anno scorso, quando il partito di Silvio Berlusconi non superò il 7%.

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