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Il consiglio dice sì al crocifisso nei locali comunali

Mozione del Carroccio. La maggioranza: "E' un simbolo di identità". Dall'opposizione: "Allora anche Aristotele e il Corpus iuris civilis. Non vediamo barbari alle porte e non basta per trasmettere i valori". Invito alla riflessione per le scuole.

Una seduta del consiglio comunale

Il Comune si prepara ad affiggere crocifissi a Palazzo civico (accanto al San Nicola del Carpenino), in Sala Dante, al Centro Allende, al Teatro Civico… E’ quanto deciso ieri sera al termine di un dibattito intenso, a tratti interessante, sotto il profilo giuridico, storico e culturale, che è proseguito per oltre due ore e mezzo. Oggetto principale della seduta è stata la mozione per l’affissione del crocifisso nella sala del consiglio comunale, nei locali di proprietà comunale a uso pubblico e per invitare le scuole ad avviare una riflessione sulla possibilità di fare altrettanto. Un documento, quello presentato dai consiglieri della Lega Nord, che ha fatto venire a galla i differenti modi in cui da una parte e dall’altra della barricata che solitamente divide maggioranza e opposizione si vivano in maniera assolutamente diversa e personale le questioni legate alla spiritualità e alla religione. Si è dibattuto sul concetto di laicità dello Stato, su come questo si debba e si possa intersecare con le radici culturali e storiche italiane. Si è parlato di valori e di simboli, di libertà e di rispetto, di integrazione e di integralismo. Un compendio di tutto quello che si può e si deve dire quando si affrontano questioni che travalicano i limiti della politica strettamente intesa. Il tutto con riflessioni, più che interventi, esposte con toni stranamente pacati.
Temi di grande importanza, tanto per chi crede e quanto per chi, al contrario, vuole essere libero di non farlo. Ma di scarsa, scarsissima utilità, come è emerso sul finire in maniera chiara, ma come si era già intuito con le citazioni delle sentenze dei più diversi gradi di giudizio sin dalle prime battute. Sì, perché nessun tribunale è riuscito a dirimere definitivamente la questione sulla liceità dell’affissione del simbolo cristiano per eccellenza in luoghi pubblici, né in Italia né in Europa. E’ una questione di sensibilità personale, che quando viene affrontata da una assemblea finisce inevitabilmente con una mera conta delle mani alzate. Così come è avvenuto ieri, con una astensione per schieramento (quelle di Massimo Caratozzolo dai banchi della maggioranza e quella di Luca Erba nell’opposizione), e il voto favorevole da parte del centrodestra, storicamente più vicino all’elettorato cattolico. Negli anni scorsi, quando la proposta venne discussa, il tenore del dibattito fu più o meno lo stesso, ma l’esito della votazioni fu opposto.

Nel presentare la mozione il capogruppo della Lega Lorenzo Viviani ha raccontato di aver ricevuto la richiesta da parte di alcuni cittadini e di ritenere la cosa importante per la “furia iconoclasta che ha voluto appiattire tutto, non per laicità ma per non offendere gli altri. Sono poco religioso – ha spiegato – ma in una notte di burrasca, in mezzo al mare, mi sono trovato a pregare la Madonna di Soviore, quasi in maniera naturale, come per tutta la mia famiglia”.
Non ha apprezzato il carattere impositivo della mozione la consigliera del M5S, Donatella Del Turco, che ha accusato il Carroccio e i suoi di parlare di valori cristiani che per primi non rispettano. “Il vostro rapporto con la Chiesa va dalle ampolle celtiche e gli elmi vichinghi alla non osservanza delle parole del Papa sull’immigrazione”, ha attaccato.
Caratozzolo ha lasciato intendere il suo voto definendosi a favore della laicità dello Stato, ma ricordando anche che “ognuno ha la sua identità culturale e la sua matrice religiosa”. Per l’esponente Pd, Marco Raffaelli, credente e praticante, non è comunque mai stato utile imporre qualcosa: “non è così che Stato e Chiesa hanno fatto passi avanti”.
Ha chiesto di guardare ai 10 milioni di atei e agnostici italiani, ricordando che “sono ben più dei musulmani”, il consigliere Luigi Liguori della lista Spezia bella forte e unita, secondo il quale “la Costituzione cita solamente la bandiera e l’immagine del presidente della Repubblica sono simboli che possono essere esposti in luoghi pubblici”.
“Stiamo calpestando i nostri valori”, ha replicato Patrizia Saccone, dopo aver ricordato episodi di cronaca e dichiarazioni di esponenti nazionali del Pd a favore dell’affissione del crocifisso in locali pubblici.
Crocifisso da intendere non solo come simbolo religioso, ma anche identitario per il consigliere del Carroccio Simone Vatteroni, mentre Roberto Centi, di Leali a Spezia, ha ricordato che il primo a sottolineare l’importanza del concetto di laicità dello Stato fu Dante Alighieri. “L’Europa ha certo radici giudaico-cristiane – ha proseguito con una provocazione – simboleggiate dal crocifisso, e allora perché non mettere anche un busto di Aristotele e un Corpus iuris civilis per ricordare le origini elleniche e romane?”.
La capogruppo Pd Federica Pecunia ha sottolineato come l’obbligo di apporre i crocifissi nelle scuole e nei tribunali fosse stato imposto in epoca fascista. “E non dipende da un simbolo il tipo di insegnamento che si impartisce a un ragazzo, né credo che sia la scuola a dover impartire quello religioso. Il crocifisso, e parlo da atea professante, non va imposto: va vissuto”, ha concluso.
Che la storia si divida tra prima e dopo Cristo è stata la riflessione con cui Luigi De Luca, di Spezia vince con Peracchini, ha voluto evidenziare il valore culturale della croce, mentre la leghista Lorella Cozzani ha citato alcune fonti giuridiche che l’hanno riconosciuta come simbolo di valori come libertà, uguaglianza e financo laicità.
Il rispetto e la tolleranza di don Milani che tolse il crocifisso dai locali in sui si faceva catechismo e di Sandro Pertini che da ateo lo teneva nel suo studio sono stati i parametri usati dal socialista Paolo Manfredini per chiarire la particolarità della questione ritenuta a rischio di “diventare un muro simbolico”.
Per Massimo Lombardi, cattolico praticante di Spezia bene comune, la laicità dello Stato è un tema imprescindibile e occorrono “la parola e l’esempio per ritornare a trasmettere i valori cristiani”. Dall’altra parte la leghista Federica Paita ha lamentato gli attacchi al Carroccio, frutto di un’incomprensione del tema di fondo della mozione, mentre il collega Redento Mochi ha ribadito come “il crocifisso sia alla base della cultura italiana”.
Erba ha risposto che la croce non è “una clava contro il terrorismo” e che il documento non coglieva l’aspetto della possibile convivenza tra socialdemocrazia e religione.
“Quanta paura avete di questo crocifisso?”, ha attaccato sarcastico il capogruppo di Froza Italia – Toti, Fabio Cenerini, autodefinitosi cattolico-laico. “Parlate tanto del Papa e dell’immigrazione, ma città del Vaticano non ha accolto a braccia aperte il giornalista che si è finto un profugo siriano, anzi”.
A spiegare la probabile inutilità del dibattito a fini regolamentari e normativi è stato il consigliere di La Spezia popolare, Andrea Costa: “Poteva già essere affisso e poi semmai ci saremmo trovati a discutere una mozione per toglierlo”.
Per Oscar Teja il fatto che atei e cristiani abbiano affrontato così a lungo il tema è stato già una dimostrazione di essere di fronte a “una presenza irrinunciabile”.
Lorenzo Forcieri, di Avantinsieme, ha chiesto al contrario quale fosse stato il motivo scatenante della mozione: “Sembra che abbiamo i barbari alle porte o novelli Napoleoni che distruggono i simboli religiosi. Sono perplesso, ma capisco forse l’esigenza politica della Lega di compensare le altre posizioni che tiene rispetto ai valori cristiani. Ma se è così è strumentale. E usare i simboli religiosi in maniera strumentale è sempre sbagliato”.

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