La Spezia - La consigliera provinciale di maggioranza Claudia Gianstefani (La Spezia popolare) ha rimesso la delega all'Ato idrico ricevuta nell'estate 2019 perché “è venuto meno l'imprescindibile rapporto fiduciario con il presidente Peracchini”. Lo ha annunciato stasera nel parlamentino di Via Veneto (che, ha ricordato il presidente, va incontro alle elezioni, scadendo l'assemblea il 9 gennaio), dando lettura di una comunicazione poi acquisita agli atti. Il punto di rottura, ha spiegato Gianstefani, è stato il tribolato consiglio provinciale del 14 ottobre scorso, quando più consiglieri, trasversalmente casaccati, avevano lamentato la mancata trattazione del tema biodigestore. La consigliera provinciale, anche assessore all'Ambiente a Lerici, ha parlato di “scelta obbligata” e ha ringraziato per la collaborazione gli altri consiglieri e gli uffici. “Continuerò a svolgere il ruolo di consigliere provinciale con il medesimo senso di responsabilità”, ha concluso. Dai colleghi si è levato un applauso. A margine del consiglio (che, ha rammentato la presidenza, scadrà il 9 gennaio e andrà incontro a regolari elezioni), il consigliere del centrosinistra Andrea Licari parla di “un atto che fa onore alla consigliera Gianstefani”, affermando che “la maggioranza è spaccata e Peracchini dal suo insediamento ha dimostrato di non saper portare avanti il dialogo né con la maggioranza né con la minoranza. Un presidente totalmente inadeguato”.
Licari ha altresì protocollato un'interrogazione in cui chiede al presidente Peracchini se non ritenga di riammettere in consiglio provinciale le mozioni e gli ordini del giorno a tema biodigestore “non ammessi nella seduta dello scorso 14 ottobre 2020”, scrive. “Gli odg e le mozioni presentate con la finalità di essere discusse e votate in consiglio provinciale – prosegue il consigliere - chiedevano sostanzialmente di impegnare la amministrazione provinciale a farsi portavoce della richiesta alla Regione di annullare in autotutela il procedimento di autorizzazione in corso sul progetto di biodigestore per una serie di violazioni della legge vigente in materia”.
Licari, per sostanziare la richiesta, osserva che “la Corte Costituzionale ha chiarito che il Provvedimento autorizzatorio unico regionale (il famoso Paur, ndr) non sostituisce i diversi provvedimenti emessi all’esito dei procedimenti amministrativi, di competenza eventualmente anche regionale, che possono interessare la realizzazione del progetto, ma li ricomprende nella determinazione che conclude la conferenza di servizi. Esso ha, dunque, una natura unitaria, includendo in un unico atto i singoli titoli abilitativi emessi a seguito della conferenza di servizi che, come noto, riunisce in unica sede decisoria le diverse amministrazioni competenti”. Quindi il Paur, sostiene Licari, “non è un atto sostitutivo, bensì comprensivo delle altre autorizzazioni necessarie alla realizzazione del progetto […]. L’ente Provincia, all’interno della conferenza dei servizi, mantenendo la titolarità della funzione autorizzatoria, contribuisce, all’interno del procedimento unico, allo svolgimento della istruttoria della autorizzazione, differente dal giudizio di compatibilità ambientale, anche se, come riportato dalla sentenza numero 147 del 2019 della Corte Costituzionale, il tutto viene assorbito nel provvedimento unico finale in recepimento delle conclusioni della Conferenza dei Servizi”.