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Politica

"Che errore personalizzare il referendum e parlare solo di poltrone tagliate"

Orlando, Cuperlo e Benifei all'Allende per sostenere la riforma costituzionale. Non senza critiche all'atteggiamento politico e comunicativo di Renzi e i suoi.

Cuperlo all'Allende

In un Centro Allende gremito è andata in scena stasera la via non renziana al Sì. Hanno perorato la causa della riforma costituzionale l’europarlamentare Pd Brando Benifei, il ministro della giustizia Andrea Orlando e il deputato dem Gianni Cuperlo. Introdotti dal segretario provinciale Federica Pecunia, che ha ringraziato i militanti per l’impegno di questi mesi e, guardando a domenica, ha parlato di “impresa non impossibile”, il trio ha sviluppato un’articolata riflessione per il Sì, senza risparmiare critiche a come è stata condotta la campagna a favore della riforma.

“Il Sì non è salvifico, ma consentirà alla nostra democrazia di funzionare meglio – ha detto Benifei -. La riforma dà strumenti migliori per affrontare i problemi contemporanei, e contiene molti elementi positivi anche per chi non vota Pd. E non porta assolutamente a una svolta autoritaria: al contrario, rafforza la democrazia parlamentare”. Una puntura ai Cinque stelle: “Sono strenui sostenitori del No, eppure la riforma, contemplando l’obbligatorietà della discussione parlamentare delle leggi a iniziativa popolare, tocca da vicino il tema della democrazia diretta, tanto caro ai grillini”. Benifei ha parlato anche della “sua” Europa, in particolare dello spauracchio delle destre reazionarie, che in Italia sono pronte ad abbeverarsi ad un’eventuale vittoria del No.

Il ministro Orlando ha esordito punzecchiando il variopinto fronte del No (con un occhio di riguardo per Massimo D’Alema), spiegando che “la nostra Costituzione è la più bella del mondo, ma adesso dobbiamo darle modo di camminare. E’ nata nel 1948, in un mondo profondamente diverso. Negli ultimi trentacinque anni si è discusso ampiamente della necessità del superamento del bicameralismo perfetto, un dibattito connaturato al Pds, ai Ds, all’Ulivo e infine al Pd. La sconfitta del Sì sarebbe la sconfitta delle idee che hanno caratterizzato questo percorso politico”. Ancora il titolare della giustizia: “Votiamo Sì per una democrazia che funzioni meglio, andando a seccare la vigna del populismo, che dei malfunzionamenti si nutre. Infatti i populisti vogliono il No, cioè che le cose non funzionino bene: è il loro modo per guadagnare consenso”.

Orlando ha accusato il fronte del No di aver operato una “mistificazione colossale”, ma ne ha avute anche per il popolo del Sì, mettendo nel mirino, in primis, il premier: “Personalizzare il referendum e sviare dal merito è stato un grave errore. Se non fosse stato fatto, restando invece sui temi, magari adesso il Sì sarebbe in vantaggio 70 a 30”.
Un occhio agli scenari futuri in caso di successo del No: “Questo governo è nato con la mission di fare le riforme. Un fallimento in questo senso porterebbe al passaggio obbligato di rimettere al Parlamento la decisione sulla prosecuzione della legislatura. E in caso di battuta d’arresto e caduta del governo, io all’orizzonte non vedo l’avvento di un Bernie Sanders, ma quello di un governo tecnico allestito per riparare il paese dagli inevitabili contraccolpi finanziari. Un governo tecnico dal quale non ci sarebbe motivo per tener fuori Berlusconi. Chi oggi è accecato dall’obbiettivo di mandare a casa Renzi, l’unica cosa che forse riuscirà a ottenere è il rientro di Berlusconi”.

Chiudere la serata è spettato all’asburgico e citazionista Gianni Cuperlo, che ha sciorinato una dissertazione popolata da Ken Loach, Manzoni, Piero Gobetti, Trump e tanti altri nome e volti noti di oggi e di ieri. L’ex presidente Pd ha messo in guardia circa “l’aggressione dentro il cortile” da parte di una “destra reazionaria, diversa da quella del passato, perché capace di mettere in discussione i valori democratici”. Per Cuperlo, “ci sono ragioni ideali e storiche per dire Sì alla riforma, ed è stato profondamente sbagliato basare la campagna sul taglio di costi e poltrone” e “chi parla di deriva autoritaria dovrebbe pensarci prima cento volte”. Convinto che “questo tentativo di riforma costituzionale non si deve arrestare”, Cuperlo ha guardato anche alle deflagrazioni presenti e comprensibilmente future di Partito democratico e mondo progressista: “Bisogna ritrovare le ragioni dell’unità del Pd e la consapevolezza che un centrosinistra diviso è più fragile”.

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