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Economia

"La strada di un’economia decarbonizzata è presa"

Gianni Silvestrini, scienziato e presidente del Kyoto Club, parla ai futuri geometri spezzini. "Un piano di efficientamento degli edifici per rilanciare l'edilizia. Navi a metano? Una buona soluzione. Neanche Trump può fermare la rivoluzione verde".

Gianni Silvestrini parla agli studenti del "Cardarelli"

Alcuni di loro andranno a realizzare gli interventi per ammodernare il desolante panorama delle periferie italiane sorte tra anni Cinquanta e anni Settanta. Una nuova vita per i palazzoni che hanno cambiato il volto di tante città italiane, nella direzione dell’efficienza energetica. Un contributo fondamentale per fermare il riscaldamento globale, ma non solo. “L’Italia potrebbe aver bisogno di meno energia, dipendere molto meno dall’estero e allo stesso tempo rilanciare l’edilizia, uno dei settori più colpiti dalla crisi di questi anni”. Ad ascoltare le parole del professor Gianni Silvestrini questa mattina c’erano soggetti interessati come gli studenti dell’istituto per geometri “Cardarelli”.
Ricercatore e scienziato, presidente del Kyoto Club, già direttore generale del Ministero dell’ambiente e consigliere del ministro dello sviluppo economico, Silvestrini era alla Spezia nell’ambito del programma “La smart city alla sfida del cambiamento climatico” accompagnato da Giorgio Pagano, presidente dell’Associazione Mediterraneo.

Uno dei massimi esperti italiani in materia di politiche energetiche, autore di “Due gradi. Innovazioni radicali per vincere la sfida del clima e trasformare l’economia“ edito da Edizioni Ambiente. Ai futuri geometri spezzini ha portato innanzitutto una buona notizia. “Dal 2014 a oggi abbiamo avuto a livello mondiale un livello di emissioni stabile, quindi si è arrestata la crescita. L’economia è invece cresciuta del 3% in questo lasso di tempo. E’ in atto dunque un disaccoppiamento tra crescita economica e emissioni. Non basterà, ma è un segnale”.
I profitti iniziano ad andare nella stessa direzione della salute del pianeta, si potrebbe dire. Una svolta, la chiave per una reale riconversione dell’economia mondiale nella direzione della sostenibilità ambientale. Quanto impellente? La Conferenza di Parigi ha stabilito in un grado e mezzo il massimo di aumento delle temperature che ci possiamo permettere se vogliamo evitare che, per esempio, l’innalzamento dei mari inghiotta un atollo dietro l’altro nell’Oceano Pacifico.
Con due gradi in più – che danno il titolo al trattato di Silvestrini – le conseguenze su scala globale potrebbero essere imprevedibili. “Esistono oggi reali prospettive di una futura economia decarbonizzata. Basti pensare che l’Arabia Saudita ha in mente un piano da 2mila miliardi di dollari per programmare l’era post petrolio e la Cina punta ad arrivare a una produzione di elettricità totalmente basata sulle rinnovabili entro il 2050. In Brasile l’eolico è già oggi più conveniente delle centrali tradizionali, mentre in Cile una centrale eolica ha proposto a un’asta energetica un prezzo che era la metà rispetto a quella della concorrente a carbone. Sta cambiando il mondo e chi si vuole opporre deve sapere che è troppo tardi”.

Neanche un presidente degli Stati Uniti può opporsi, chiede giustamente uno studente? “Trump ha annunciato di voler riaprire le miniere di carbone, ma il fatto è che la concorrenza del metano e delle fonti rinnovabili ha fatto crollare il suo uso dal 48% al 30% in pochi anni. Il rischio è di fare danno solo alle industrie americane tagliando i fondi alla ricerca, perché il resto del mondo continuerà ad andare in quella direzione. Certo il feeling politico con la Russia, storicamente contraria a ogni forma di abbattimento delle emissioni, è qualcosa da tenere presente”.
Anche in Europa la direzione è imboccata da tempo. Vento, metano e fotovoltaico negli ultimi quindici anni sono le tre tecnologie cresciute più di tutte, mentre carbone e nucleare sono andate calando. “Il prossimo settore in cui vedremo un effetto dirompente sono i trasporti. L’auto del futuro prossimo sarà elettrica, senza guidatore e in car sharing. Il concetto stesso di proprietà di una vettura andrà verso il superamento. Di fatto si ridurranno i veicoli della metà e quindi non avremo più bisogno di parcheggi, qualcosa che cambierà anche la stessa fisionomia delle nostre città”.

“Servono le città intelligenti, ma servono soprattutto i cittadini intelligenti – aggiunge Pagano – Senza un contributo personale da parte di ognuno di noi questa svolta non sarà mai possibile. Domandarsi in quale modo usiamo l’auto, come trattiamo il cibo o l’acqua sono alla base di un cambiamento necessario nei nostri stessi stili di vita”. Eppure a volte le resistenze vengono proprio dai settori meno attesi. Contro i parchi eolici si scagliano le stesse associazioni ambientaliste che avversano il carbone per esempio. Alla Spezia, il progetto di riconversione del rigassificatore di Panigaglia per rifornire le future navi a metano liquido – molto meno inquinante dei combustibili attuali derivati dal petrolio – ha suscitato qualche levata di scudi. “Credo che il mondo ambientalista dovrebbe avere un ruolo di critica ma anche propositivo, come succede in Germania per esempio – dice Silvestrini – Il metano carburante ponte? Questo obbliga a una riflessione strategica: pensare oggi di costruire un gasdotto che vedrebbe la luce tra quindici anni per poi magari abbandonare il metano pochi anni dopo è un errore. Per le navi invece mi sembra una buona soluzione. Le pale eoliche? A me piacciono, quando le vedo penso a quanto carbone non è stato bruciato per produrre la stessa energia”. E cosa pensare quando la centrale a carbone di Genova viene riaccesa in fretta e furia per cedere energia alla Francia nell’ambito di una serie di accordi internazionali? “Una scelta non molto comprensibile, perché abbiamo centrali a ciclo combinato che lavorano impattando di meno che potevano essere usate per questo scopo. Un brutto segnale”.

L’Italia come Paese rimane a metà del guado, in ritardo anche rispetto ai suoi vicini. “In questo momento si sta rivedendo la Strategia Energetica Nazionale, con una prospettiva più lunga che guarda fino al 2050, che in campo energetico non è una data molto lontana. I tedeschi hanno segnato la strada avviando un programma di ascolto a livello di lander, sulla base del quale sono stati elaborati dei modelli che hanno permesso al governo di lavorare su 97 proposte concrete. Proposte arrivate dal basso e non viceversa: non si può creare un documento a livello governativo per poi mandarlo in consultazione sui territori”.
Silvestrini vanta esperienze anche come consigliere degli stessi decisori e ha un’idea precisa di come trovare una sintesi tra dati e idee. “Non può essere un singolo ministero a fare un piano energetico, perché il tema coinvolge troppi ambiti. Io avvierei oggi un processo di consultazione in tutta Italia, con una cabina di regia presso la presidenza del consiglio che poi cercherebbe il confronto con tutti i ministeri interessati, dall’economia ai trasporti e così via. D’altra parte queste sono scelte che hanno a che fare con il modello di sviluppo che vogliamo imprimere a tutto il Paese”.

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