La Spezia - Duecento anni or sono, lunedì 2 ottobre 1820, Pio Luigi Scarabelli, religioso dei Preti della Missione, veniva nominato da Papa Pio VII nuovo vescovo di Luni–Sarzana. L’antica diocesi lunense, immediatamente soggetta alla Santa Sede, aveva così di nuovo un pastore dopo la morte, avvenuta il 13 maggio 1819, del vescovo Giulio Cesare Pallavicini. Ma non fu una nomina come un’altra, preceduta come poche altre da intensi contatti tra Roma e il re di Sardegna, il cattolicissimo Vittorio Emanuele I, divenuto dal 1814 anche sovrano della Liguria. Quei contatti avevano uno scopo preciso: unificare le diocesi di Luni–Sarzana e di Brugnato, aventi entrambe la propria sede in terra sabauda, anche in vista del distacco, che avvenne due anni dopo, delle parrocchie che diremmo oggi della Lunigiana toscana, ma che allora toscane (ovvero fiorentine) non erano, appartenendo al ducato di Massa e Carrara e ai feudi imperiali già dei Malaspina. Non a caso, appena una settimana dopo la nomina, la sacra congregazione del Concistoro (oggi dei Vescovi) emanava un decreto di riordino delle diocesi liguri, unendo ad altre più grandi le due più piccole: a Savona quella di Noli, a Luni–Sarzana quella di Brugnato. Il 25 novembre il decreto venne trasformato nella bolla “Sollicita quam”, divenendo operativo e conferendo a Scarabelli anche il titolo di vescovo, “aeque principaliter”, anche di Brugnato. Le diocesi restavano due, con capitoli cattedrali e cancellerie diverse, ma con un solo vescovo, il quale aveva facoltà di conferire incarichi e benefici ai sacerdoti di entrambe. Con la sua nomina si ponevano quindi le basi di un complesso processo di riorganizzazione diocesana nel territorio del Levante ligure, processo che sarebbe proseguito per buona parte del Novecento, concludendosi solo nel 1986. Ma chi era Scarabelli ? Unico prete della Missione (vincenziano) ad essere nella storia vescovo di Luni–Sarzana, era un personaggio importante in Piemonte, dove era nato sessant’anni prima a Castelnuovo Scrivia, in diocesi però di Tortona, quindi nella provincia ecclesiastica di Genova. Nei mesi precedenti alla sua nomina, grazie ai buoni uffici del confessore del re padre Botta, aveva varcato più di una volta il portone di palazzo reale per chiedere (e alla fine ottenere) la riapertura a Torino della casa della sua congregazione, di cui era visitatore provinciale. La passione posta in questa vertenza dovette spingere Vittorio Emanuele a suggerire il suo nome per il nuovo delicato incarico di unificatore di due diocesi, avendo come sede quella Sarzana dove i vincenziani erano presenti sin dal 1735.
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