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Cultura e Spettacolo

Le parole della neoavanguardia liberate

I protagonisti dell'incontro di cinquant'anni fa del Gruppo 63 alla Spezia ricordano quelle pagine di storia della letteratura italiana.

Il pubblico presente al convegno sul Gruppo 63

“Le parole non potranno mai toccare le cose stesse, e la poesia è l’intervallo tra le parole e le cose”. Alla Spezia, un intervallo tra il passato e il presente, c’è stato. E ha avuto luogo grazie a tre storici della letteratura presenti all’incontro ‘Ancora sull’incontro del 66’.
Al primo piano del Camec si è parlato degli artisti che presero parte al Gruppo 63 permettendo alla platea, all’interno della quale quasi tutti i presenti erano coevi dei relatori, di fare un salto indietro nel tempo e riflettere sul movimento letterario di cui (cinquant’anni fa) fecero parte scrittori, critici e poeti conosciuti – come Italo Calvino e Umberto Eco – e non solo. E così, le parole ‘imprigionate’ tra le pagine dei libri degli autori della neoavanguardia, sono state ‘liberate’.

Gli scrittori, che fremevano per ribaltare gli schemi tradizionali della letteratura, sono stati citati dagli storici Niva Lorenzini, Francesco Muzzioli ed Erminio Risso. “In un articolo, uscito sul giornale L’Espresso, lo scrittore italiano Umberto Eco definì Gian Pio Torricelli, e Patrizia Vicinelli, la 3a avanguardia”. Umberto Eco non fu l’unico a considerare l’incontro fruttuoso e stimolante. Anche Italo Calvino, che non mancò al quarto incontro del Gruppo 63 – che fu fatto proprio alla Spezia – “rimase colpito dal rapporto dei ‘nuovi’ con i ‘vecchi’, e da un forte dibattito che interessò un romanzo d’Antonio Porta – ha raccontato, al pubblico, Francesco Muzzioli – Poi, Calvino scrisse ad un amico francese, confidandogli d’aver appreso molto dal convegno”. Lo sperimentalismo di Calvino non era assente, ma era attuato in una modalità inferiore rispetto al Gruppo 63. Per questo, gli storici, sostengono che lo scrittore italiano, nonostante avesse partecipato agli incontri, non intervenne attivamente al dibattito. Uno dei fini del Gruppo 63 era stravolgere lo stile classico del romanzo, “permettendo alla forma d’esser densa, alla pari di quella della poesia”. Muzzioli ha proseguito leggendo un estratto d’Antonio Porta, all’interno del quale spicca l’immagine d’un labirinto, interpretato come un allegoria del romanzo sperimentale: perché spinge a cercare significati. Anche Ballestrini, con il testo Tristano, cercò di chiudere il romanzo occidentale: “I personaggi vengono chiamati con la c maiuscola, e ogni filo narrativo si perde”. All’interno del Gruppo 63 non mancarono autori impegnati, come Ballestrini e Di Marco. Perché, in fin dei conti, “per trasformare il mondo, è fondamentale cambiare anche la scrittura”. Anche le donne che presero parte al movimento, Alice Ceresa e Rossana Ombres, dissero la propria, nonostante l’epoca fosse impregnata di un forte maschilismo. Incontri stimolanti quelli di Gruppo 63. Desiderati da chi, esercitando il medesimo mestiere, cercava d’elaborare una forma di confronto, paritario, fra gli autori più giovani e quelli ‘navigati’. “Sanguinetti tenta d’aprire una critica della cultura – ha detto Risso –. Invece, per Guglielmi, la letteratura dev’essere ideologia”. I testi prodotti dal Gruppo 63 furono molti, e gettarono le basi per una buona riflessione. “Perché la preoccupazione del gruppo era la socializzazione della cultura – ha concluso Risso –. E questa non è più questione letteraria, ma di democrazia”.

Ancora sull’incontro del ‘66 è terminato con otto letture ad alta voce. Un estratto del testo di Vincenzo Accame è stato ricordato dal fratello Felice, che ha accettato di presentarsi all’incontro per due ragioni: leggere l’opera del fratello e portare alla luce un aspetto sommerso. “Vincenzo, alla Spezia, lesse un suo testo all’incontro col Gruppo 66 – ha precisato Felice –, ma al contrario della lettura d’Antonio Porta, che suscitò sedici interventi, nessuno disse niente: mio fratello merita un risarcimento simbolico. Anche se in ritardo, perché non è più tra noi”. Dopo aver fatto risuonare un “io narrante incerto, e insicuro, che non sa bene cosa sta dicendo e osservando”, la parola è passata ad Enrico Cerasi, portavoce di Nanni Cagnone, che ha letto alcune delle sue poesie. “La libertà di Nanni Cagnone si traduce in un rapporto molto intenso con il linguaggio stesso – ha precisato Cerasi –. Le parole non potranno mai toccare le cose stesse, e la poesia è l’intervallo tra le parole e le cose”. Ed infine, le ultime letture: Roberto Alinghieri ha dato voce ad Alice Ceresa e Rossana Ombres, Francesco Muzzioli ai testi di Roberto Di Marco e Gaetano Testa, Nanni Ballestrini alle parole di Alfredo Giuliani, Rosemary Liedl a quelle di Antonio Porta, Andrea Bonomo agli scritti di Luigi Tola e, Carlo Bonacini e Luigi Gozzi, ai testi di Gian Pio Torricelli.

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