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Cultura e Spettacolo

D’avventura, di scenari, di conquiste. La doppia mostra di Walter Bonatti

Inaugurato oggi in Fondazione e domani al castello di Porto Venere, è un viaggio ideale fra le incredibili avventure dell'alpinista-fotografo.

“Con questa nuova esposizione che prosegue il percorso di conoscenza dell’arte della fotografia avviato dalla Fondazione, intendiamo rendere omaggio a Walter Bonatti, una delle figure eminenti dell’alpinismo mondiale che con i nostri luoghi, in particolare con Porto Venere, ha avuto legami affettivi e familiari”. Le sale espositive della Fondazione Carispezia da questo pomeriggio raccontano un viaggio ideale, attraverso le fotografie che narrano avventure in tutti i continenti e non poteva essere che Matteo Melley, presidente della Fondazione Carispezia, ad introdurre il vernissage di questa mattina: “Sono storie fortemente radicate nella memoria di persone appartenenti a generazioni diverse e che ci auguriamo anche i più giovani potranno imparare a conoscere e apprezzare grazie a questa mostra. La sua passione e il suo amore per la montagna idealmente ci inducono al ricordo dei quattro alpinisti del nostro territorio tragicamente scomparsi a febbraio scorso – Antonella Gallo, Fabrizio Recchia, Antonella Gerini e Mauro Franceschini – a cui vogliamo dedicare l’intera iniziativa”.

La mostra sarà bissata da domani con l’altra esposizione, ospitata nella cornice del Castello Doria di Porto Venere. L’esposizione, promossa dalla Fondazione Carispezia in collaborazione con il Comune di Porto Venere e con la Fondazione FORMA per la Fotografia, è curata da Alessandra Mauro e Angelo Ponta ed è stata realizzata con la collaborazione dell’Archivio Bonatti. Resterà aperta in entrambe le sedi fino al 18 giugno 2017. “Avere le foto di Bonatti nel nostro castello – aggiunto il sindaco di Porto Venere Matteo Cozzani – è un grande onore. Bonatti è sepolto proprio qui nel cimitero di Porto Venere e moltissime persone vi si recano appositamente per depositare un cimelio di una propria escursione in sua memoria. Siamo molto lieti di collaborare con la Fondazione alla realizzazione di questa esposizione dedicata al più grande alpinista italiano di tutti i tempi. Siamo grati anche all’Associazione Culturale Posidonia per il loro fondamentale supporto e per lo stimolo a realizzare un evento dedicato a Bonatti a Porto Venere. Un grazie particolare va infine a Michele Serra e Giovanna Zucconi, molto amici di Walter Bonatti e Rossana Podestà, che hanno accettato di essere presenti domani all’inaugurazione della mostra a Porto Venere”.

L’alpinista fotografo. Con questa nuova iniziativa Fondazione Carispezia prosegue il percorso dedicato alla fotografia e rende omaggio alla figura di Bonatti, alpinista, esploratore e fotografo, che con il nostro territorio ha avuto legami affettivi e familiari, in particolare con Porto Venere nel cui cimitero comunale è sepolto insieme alla compagna Rossana Podestà. Un lungo racconto visivo, un insieme di immagini straordinarie stampate in grande formato, un’avventura esistenziale unica: la mostra su Walter Bonatti è un’occasione per ripercorrere oltre 30 anni di viaggi alla scoperta dei luoghi meno conosciuti e più impervi della Terra, raccontando la passione per l’avventura insieme alla straordinaria professionalità di un grande alpinista, esploratore e fotografo. Le grandiose immagini a colori di Bonatti in mostra nelle due sedi espositive compongono un lungo, unico diario di viaggio dove si intrecciano visioni e ricordi. Le fotografie – tratte dall’Archivio di Walter Bonatti, donato dagli eredi al Museo della Montagna di Torino Duca degli Abruzzi – sono accompagnate da note dello stesso autore, cimeli originali e interventi video (realizzati da N!03) sulla sua esperienza in montagna e sul “personaggio” Bonatti.

Walter Bonatti, quando tutto iniziò. Artista, sportivo, uomo poliedrico, Bonatti, nativo di Bergamo, imparò a fotografare e a scrivere le proprie avventure con la stessa dedizione con cui imparò i segreti della montagna. Nei suoi quindici anni di lavoro per il settimanale Epoca si imporrà come uno dei più talentuosi fotoreporter dai luoghi selvaggi del pianeta, e se l’alpinista estremo (e spesso solitario) aveva conquistato l’ammirazione degli uomini e il cuore delle donne, l’essere insieme narratore e protagonista delle proprie avventure lo proietterà anche nell’immaginario dei più giovani. A ogni viaggio, Bonatti partiva alla ricerca dei suoi ricordi letterari e dei suoi eroi, cercando di riviverne le avventure. Molte tra le sue folgoranti immagini sono grandiosi “autoritratti ambientati” e i paesaggi in cui si muove sono insieme luoghi di contemplazione e di scoperta. Bonatti si pone davanti e dietro l’obiettivo: in un modo del tutto originale è in grado di rappresentare la sua fatica e la gioia per una scoperta, ma al tempo stesso sa cogliere le geometrie e le vastità degli orizzonti che va esplorando. Così, immagine dopo immagine, reportage dopo reportage, si compie il racconto dell’avventura e insieme, il “romanzo dell’io” di Bonatti. Il talento per la narrazione, l’amore per le sfide estreme, l’interesse per la fotografia come possibilità di scoprire e testimoniare per sé e per gli altri. Una passione, e probabilmente anche un’esigenza, nata già negli anni dell’alpinismo (con i trionfi e le amarezze che li segnarono), con le foto scattate sulle pareti più difficili, e poi consolidata nel tempo, con i racconti d’imprese affascinanti e impossibili.
La mostra Walter Bonatti. Fotografie dai grandi spazi è accompagnata da un catalogo pubblicato da Contrasto.

I record. Del 1951 è la sua prima grande impresa alpinistica: con Luciano Ghigo scala la parete est del Grand Capucin nel gruppo del Monte Bianco. Nel 1954 Bonatti è il più giovane partecipante alla spedizione capitanata da Ardito Desio, che porterà Achille Compagnoni e Lino Lacedelli sulla cima del K2. Nel 1955 scala in solitaria e per la prima volta assoluta il pilastro sud-ovest del Petit Dru, nel massiccio del Monte Bianco. Nell’inverno del 1965 scala in solitaria la parete nord del Cervino aprendo una nuova via. È la sua ultima impresa di alpinista estremo. Successivamente si dedicherà all’esplorazione e all’avventura come inviato del settimanale Epoca, fino al 1979. A partire dagli anni Sessanta pubblica numerosi libri che narrano le sue avventure in montagna e negli angoli più sperduti del pianeta. Muore a Roma il 13 settembre 2011, all’età di 81 anni.

Alessandra Mauro e Angelo Ponta, i curatori.
È difficile separare il ricordo di Walter Bonatti da quello delle sue fotografie. Ed è sorprendente ogni volta scoprire quanto quest’uomo e le sue avventure siano radicati nella memoria e nell’immaginario di un pubblico tanto differenziato per età e interessi.
Il successo di Bonatti, e questo suo durare e rinnovarsi, ha diverse spiegazioni. La più immediata, appunto, è che Walter ha conquistato più di una generazione e più di un pubblico. L’essere stato prima un alpinista di levatura mondiale, poi il fotoreporter- esploratore di un periodico di rilevanza europea, lo ha tenuto complessivamente “in scena” per quasi un trentennio, periodo al quale è seguita l’attività a tempo pieno di autore di libri e conferenziere, durata altrettanto (e lungo più di 50 anni, da quel fatidico 1954, si è peraltro dipanata la vicenda del K2, costellata di polemiche e colpi
di scena).
Attività diverse, tutte affrontate con caparbia serietà e con versatile talento: Bonatti imparò a fotografare, e a scrivere, le proprie avventure con la stessa dedizione posta nell’imparare i segreti della montagna. E se l’alpinista estremo (e spesso solitario) aveva conquistato l’ammirazione degli uomini e il cuore delle donne, l’essere insieme narratore e protagonista delle proprie avventure, e non semplice documentarista, lo proietterà anche nell’immaginario dei più giovani.
Ad ogni viaggio, Bonatti partiva alla ricerca dei suoi ricordi letterari e dei suoi eroi, cercando di riviverne le avventure. Bonatti, bello e coraggioso e forte e sfrontato, era Tarzan, era Robinson, era Tom Sawyer. Nella vita, e sulle pagine delle riviste, Walter faceva quello che avrebbe fatto qualunque bambino, se avesse potuto, e anche se oggi i nostri riferimenti non sono più Davy Crockett e Sandokan, Zanna Bianca e le tigri, quello spirito rimane intatto.
In questo processo di immedesimazione la fotografia era fondamentale. Con quegli scatti, il racconto diventava evidenza visiva, prova di verità. Molte tra le folgoranti immagini di Bonatti sono grandiosi “autoritratti ambientati” e i paesaggi in cui si muove sono insieme luoghi di contemplazione, di scoperta. Bonatti si pone davanti e dietro l’obiettivo. Decide lo scatto con meticolosa cura; contemporaneamente, programma il suo ruolo attivo, e sempre diverso, in ogni composizione. Certo, è consapevole dell’inquadratura ma anche dell’eco avventurosa che ognuna di queste immagini lascerà nella mente e negli occhi di chi le osserverà. Nelle fotografie, Bonatti riesce a cogliere la sua stessa fatica, la gioia per una scoperta, così come le geometrie e le vastità della natura che andava esplorando.
Saranno dunque queste immagini, con il protagonista-attore ad animarle, a diventare per i lettori di più di una generazione l’orizzonte esotico dove collocare i propri sogni. La presenza di Bonatti all’interno delle sue foto faceva esplodere la fantasia, trasformando le sue avventure in romanzi, in film, in fumetti (e qualcuno proverà poi davvero a realizzarli, quei fumetti).
Così, immagine dopo immagine, reportage dopo reportage, si compie il racconto dell’avventura e, insieme, il “romanzo dell’io” di Walter Bonatti. È lui il personaggio che si cala nel vulcano, costruisce una zattera per domare il torrente impetuoso, una capanna per spiare la tigre. Lui rincorre i varani, nuota con gli ippopotami, si fa strada nella giungla col machete, viaggia sul fiume dei cercatori d’oro, tira le frecce con gli indios, parla con gli uomini primitivi, bivacca nel deserto e al Polo, approda all’isola dei naufraghi, afferra i serpenti e cerca i dinosauri nel mondo perduto.
Oltre all’indubbio talento nello scegliere e inquadrare i suoi soggetti, era palese in Bonatti il piacere di fotografare, di guardare. Di andare a vedere, appunto. Per sé innanzitutto, e poi per mostrare e raccontare agli altri. Una passione, e probabilmente anche un’esigenza, nate già negli anni dell’alpinismo (con i trionfi e le amarezze che li segnarono) e poi consolidata nel tempo, con i racconti d’imprese affascinanti e impossibili.
In questo catalogo come in mostra, le immagini di Walter Bonatti compongono un lungo, unico diario di viaggio dove, in una sequenza non cronologica ma certo non casuale, si intrecciano visioni e ricordi. Le fotografie sono accompagnate da brevi note dello stesso autore, parole tratte dai suoi molti testi, da quelli apparsi sulla rivista Epoca negli anni dal 1965 al 1978, alle memorie dei suoi libri, ai resoconti delle conferenze tenute negli ultimi anni: notazioni con cui Bonatti illustrava il senso e il valore di ogni immagine e, insieme, il senso e il valore unico di ognuna delle sue tante avventure.

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