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Perché l’obbligo vaccinale, lo spiega l’Istituto superiore di sanità

Istituto superiore di sanità

L’alto livello di copertura vaccinale osservato in Italia fino al 2012, per le vaccinazioni oggetto di programmi nazionali o di diffusi programmi regionali, ed in maniera più evidente per le vaccinazioni obbligatorie, ha determinato un significativo decremento dell’incidenza delle malattie prevenibili da vaccinazione, e all’eliminazione di polio e difterite. Anche per le infezioni invasive da Hib è evidente l’effetto dell’introduzione della vaccinazione, se pur condizionato dal raggiungimento di adeguati livelli di copertura vaccinale solo in anni recenti; i pochi casi segnalati sono dovuti prevalentemente a sierotipi diversi da quello vaccinale. Le coperture per i vaccini contro il meningococco e lo pneumococco, disponibili per 14/21 regioni, che hanno avviato da anni, e in tempi diversi, specifici programmi regionali di vaccinazione universale dei nuovi nati, mostrano un incremento notevole in 5 anni (dal 2007 al 2011, si passa dal 47,1% al 71,7% per il meningococco C e dal 47,4% al 79,6% per lo pneumococco). Come effetto, si osserva una diminuzione dei casi di N. meningitidis C, una riduzione nell’incidenza di Malattie Batteriche Invasive da pneumococco nella fascia pediatrica. Si osserva, invece, un incremento dei casi nella fascia di età =65 anni, forse attribuibile a una crescente attenzione alle sepsi dell’adulto e alla disponibilità di metodi diagnostici più sensibili. Infine, si registra una diminuzione dei casi da sierotipi vaccinali, con aumento della quota da sierotipi non contenuti nel vaccino. Dati sull’epidemiologia dell’epatite B mostrano come ci sia un trend in netta diminuzione della malattia dopo l’introduzione della vaccinazione nei nuovi nati e nei dodicenni nel 19911, e di come oggi il 16,5% dei casi segnalati nel triennio 2011-2013 si è verificato in gruppi con comportamenti a rischio (rapporti non protetti in omo-bisessuali: 7,6%; convivenza con soggetti HBsAg positivi: 6,1%; tossicodipendenza: 1,7%; esposizione professionale in operatori sanitari: 0,6%; emofilia e politrasfusione: 0,5%); Il 20% delle epatiti B si è verificato in cittadini stranieri. Il trend in diminuzione dell’incidenza della parotite è imputabile all’avvio del Piano nazionale di eliminazione del morbillo e della rosolia congenita, in cui viene raccomandato l’uso del vaccino trivalente morbillo-parotite-rosolia, anche come misura di controllo della parotite epidemica. L’incidenza della varicella, per la quale non è ancora in atto un programma nazionale di vaccinazione dei nuovi nati, si mantiene a livelli elevati.

Il successo delle strategie vaccinali, che ha determinato la scomparsa quasi totale di alcune malattie e, quindi, la riduzione della percezione della pericolosità del contagio, ha agevolato il diffondersi di movimenti di opposizione alle vaccinazioni per motivi ideologici o religiosi. Di conseguenza, a partire dal 2013 (coorte del 2011), si è registrato un progressivo e inesorabile trend in diminuzione del ricorso alle vaccinazioni, sia obbligatorie che raccomandate, che ha determinato una copertura vaccinale al di sotto del 95%. Considerando che l’OMS raccomanda il 90% per tutti i vaccini, per garantire la cosiddetta «immunità di gregge», è necessario non scendere al di sotto del 95% per proteggere, sia, indirettamente coloro che, per motivi di salute, non possono vaccinarsi che i soggetti che non rispondono ai vaccini.
Anche i dati di copertura relativi al 2016 (coorte del 2014) mostrano questa tendenza sia a 24 che a 36 mesi, tranne per il morbillo, per cui si osserva un ripresa ma ben lontana dal raggiungimento del 95% necessario per il raggiungimento dell’eliminazione. Un calo che ha riguardato sia le vaccinazioni obbligatorie (anti-difterica, anti-polio, anti-tetanica, anti-epatite B), che alcune di quelle raccomandate. Le uniche coperture che hanno mostrano un incremento del dato nazionale sono pneumococco e meningococco (nei due anni precedenti avevano registrato bassi valori in alcune Regioni e PA). Anche i dati di copertura vaccinale per morbillo e rosolia sono passati dal 90,4% nel 2013 all’85,3% nel 2015 per poi osservare una lieve risalita nel 2016 ma comunque lontani dal raggiungimento della copertura necessaria per eliminare il virus (95%). Un trend confermato anche dalle coperture vaccinali nazionali a 36 mesi (relative ai bambini nati nell’anno 2012 e 2013), che permettono di monitorare la quota di quei bambini, inadempienti alla rilevazione vaccinale dell’anno precedente, che sono stati recuperati. Le coperture a 36 mesi mostrano valori più alti rispetto a quelle rilevate per la medesima coorte di nascita a 24 mesi l’anno precedente arrivando al 95% nella coorte 2011 e del 2012 per le vaccinazioni contenute nell’esavalente, mentre per le coorti successive del 2013 le vaccinazioni a 36 mesi non raggiungono il 95%.

In Europa, nel 2010, in 29 dei 31 Stati (28 Paesi dell’Unione europea più Norvegia, Islanda e Liechtenstein) è stata condotta una indagine per valutare le differenti politiche vaccinali4. Di questi (Bulgaria, Repubblica Ceca, Francia, Grecia, Ungheria, Italia, Latvia, Malta, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia) presentano obbligo vaccinale per più o un solo vaccino. In Francia si sta considerando l’obbligatorietà vaccinale per 11 malattie infettive, del tutto in linea con quanto proposto in Italia.
La valutazione epidemiologica dell’introduzione dei nuovi obblighi vaccinali scolastici da parte dell’Executive Summary redatto dal California Department of Public Health ha evidenziato un aumento delle coperture di complessivi 5 punti percentuali nei due anni scolastici successivi all’introduzione del Senate Bill (SB) 277 voluto dal Governatore dopo la constatazione del calo delle coperture e la riaccensione di focolai epidemici come quello di morbillo a Disneyland5. Nonostante i possibili bias i dati appaiono molto significativi sull’efficacia della misura normativa.

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