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Tra storia e natura

Mura Umbertine, via ai lavori del parco

Terminata la pulizia degli oltre tre chilometri di percorso sulle colline, a breve saranno affidati i lavori per gli altri lotti. Quando nel 1886 il ministro Ricotti difese l'opera dalle accuse di aver costruito una "cinta daziaria".

Un bel paio di scarpe robuste e mezzo pomeriggio libero bastano a regalarsi già oggi un assaggio di quello che sarà. In questi giorni si è conclusa la fase preliminare dei lavori per la creazione del Parco delle Mura, quella che ha riguardato la pulizia della superficie della cinta ottocentesca e del sentiero che le segue paziente lungo l’arco collinare attorno al centro città. Metri cubi di rovi ed erbacce hanno preso la via della discarica lasciando al sole i conci di pietra levigati a mano ormai quasi un secolo e mezzo fa. E c’è già qualche residente ed escursionista curioso che non si è lasciato pregare compiendo il percorso che va dalla Cattedrale di Cristo Re fino alla collina di Gaggiola.
“La fase uno è terminata – conferma l’assessore Luca Piaggi – Abbiamo compiuto i rilievi e il progetto esecutivo è in corso di gara. A breve saranno affidati i lavori ed inizierà a prendere corpo un’opera che connette diverse diverse parti della città, dalle scalinate ai boschi, e dà lustro alle mura storiche della città in un percorso non solo naturalistico ma anche storico. Un vero parco cittadino di dimensioni molto estese”. Fondamentale in questa fase l’input arrivato dall’associazione Sa Bastia, che da tempo si occupa di sensibilizzare istituzioni e opinione pubblica sul valore delle opere di archeologie militare della città. Le prossime fasi riguardano tra le altre cose il recupero delle caponiere, la creazione del circuito di videosorveglianza e infine l’illuminazione. Spesa totale sui 1.5 milioni di euro in arrivo dalla Regione Liguria tramite fondi Fesr.

“Con sarcasmo taluni chiamano cinta daziaria”.
Le Mura Umbertine nacquero negli anni ottanta dell’Ottocento come opera complementare di difesa della piazzaforte marittima. Relativamente basse e prive di terrapieno, sembrano quasi fragili a confronto con le fortificazioni ‘alla moderna’ di epoca Rinascimentale. E c’è un motivo ben preciso, spiegato dall’allora ministro della guerra Cesare Francesco Ricotti-Magnani. Nel giugno del 1886 un’interrogazione del deputato Carlo Turi, napoletano di nascita ma spezzino di adozione, chiedeva conto dell’utilità di quella lingua di pietra a cui si era data priorità rispetto ai forti collinari. “Per quanti ne abbia interrogati, non trovai alcuno degli ufficiali sia di terra che di mare, sia della Spezia che di altra parte d’Italia, che approvasse questo cambiamento di scena”, incalzò alla Camera dei Deputati aggiungendo che l’opinione pubblica la chiamava con sarcasmo cinta daziaria per sottolinearne la scarsa efficacia.
“I forti, per quanto siano potenti, non possono impedire il tentativo di un colpo di mano, una sorpresa sopra la piazza, se questa non difesa direttamente da una cinta”, argomentò Ricotti, veterano delle Guerre d’indipendenza e della Guerra di Crimea. “E ciò perché di nottetempo può, per esempio, una milizia ardita, approfittando dell’oscurità, riuscire ad entrare nel corpo della piazza, se questo non è difeso da un ostacolo materiale. […] La scuola moderna, o quantomeno la meno antica, poiché data da oltre 20 anni, fa consistere la difesa di una piazza nei forti staccati ed affida la cinta al solo mandato di opporre un ostacolo materiale momentaneo al nemico. Questo è il concetto al quale furono informate le fortificazioni di Roma e di Spezia”.

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