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L'esordio da un altro punto di vista

Lo Spezia esule, il Covid e la… Svizzera

Esultanza

Ci sarebbe piaciuto così tanto poter dire “Buona la prima!” come dice il regista quando la scena che gira per la prima volta gli pare così ben fatta da non dolerla ripetere. Purtroppo, non è stato così.
Consoliamoci con il primo gol nella massima serie calcistica realizzato per un momentaneo pareggio da Andrej Galabinov che ha cercato poi di bissare la segnatura negatagli da una traversa maligna. Però, mi sa che nei giorni a venire e magari già da iersera, andrà di moda alla maternità il nome proprio del bomber, magari adattato alla forma italiana che ormai va bene pure alle neonate.

Ieri mattina, giusto all’ora in cui si accende il fuoco sotto la pignatta per il desco domenicale, le aquile hanno disputato in casa la loro prima partita nella massima serie dopo centoquattordici anni di una vita più o meno travagliata ma sempre distante dal massimo palcoscenico. Hanno giocato in casa ma, per i casi del destino o per i regolamenti, il campo domestico s’è spostato a Cesena che dal Golfo della Luna dista circa 300 chilometri, dicono pignoli e detrattori dimentichi che in linea d’aria sono solo poco più di 190. Gli è che lo stadio intitolato a Alberto Picco, eroe di guerra e capitano che nella prima partita ufficiale degli aquilotti siglò il primo gol, non è adeguato alle norme vigenti che vogliono, giustamente, caratteristiche adeguate per tante cose, anche per gli amici che avevamo al Var che ha giustamente annullato qualche gol dei rivali.

A dirigere lo Spezia è un Italiano vero come cantava il Totò che è di queste parti, ma la sua squadra è fatta da calciatori il cui Dna non è quello della città che pure è di origine ultrameticcia. Come che sia, per la trasferta oltre le mura domestiche i fans delle aquile per manifestare la loro fede pallonara non si sono radunati secondo tradizione dietro la curva ferrovia che se poi va a chiedere loro il perché del nome, chissà chi sa rispondere.

Dunque sconfitta, ma va bene lo stesso per noi che viviamo in tempo di contagio facile essendo per di più titolari di un focolaio la cui unica certezza è che costituisce il motivo per cui la Svizzera impone la quarantena a chiunque provenga dalla Liguria: l’ombra de ciassa Brin si estende a coprire Ventimiglia ma non raggiunge Carrara. Fa niente ché domani le scuole schiudono i battenti senza sapere per quanto li manterranno aperti.

Ecco perché debiti scongiuri ed opportuni gesti scaramantici hanno da tempo conquistato il loro buon diritto di cittadinanza sì che non c’è abitante della Sprugola che ad essi, magari di nascosto, non ricorra: la superstizione cui nessuno crede, è spesso l’ultima spes che resta. Così, nell’auspicio di non dover ricorrere ad alcuna visita specialistica presso la locale Asl, accomodati in poltrona, abbiamo rivisto nelle rubriche sportive le prodezze delle aquile.
Abbiamo perso ma fa niente. Diciamolo allora: buona la prima nonostante tutto e viviamo felici!

A. Scaramuccia

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