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I dati ispra

Il 2017 è stato un anno di tregua dal cemento

Il consumo di suolo nella provincia spezzina il secondo più basso di tutta Italia. Ma in tutta la Val di Vara rimane alto l'impatto pro capite.

Cemento

In un’Italia in cui il cemento continua a invadere coste, pianure, colline e montagne, la Spezia può dire per una volta di andare in controtendenza. Quella spezzina è infatti una delle province in cui il consumo di suolo netto è cresciuto di meno nel 2017: solo dello 0,04% rispetto all’anno precedente. Più virtuosa solo Isernia (+0,03%) e a seguire Siena, Caltanissetta, Imperia e Cosenza (+0,05%); all’altro capo della graduatoria ecco Viterbo (+0,91%), Verona (+0,71%), Vicenza (+0,67%), Bolzano (+0,65%), Venezia (+0,57%), Vercelli (+0,54%) e Treviso (+0,49%).
L’edizione 2018 del Rapporto sul consumo di suolo in Italia, la quinta dedicata a questo tema, fornisce il quadro aggiornato dei processi di trasformazione del territorio italiano, grazie alla cartografia aggiornata del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, che vede l’Ispra insieme alle Agenzie per la protezione dell’ambiente delle Regioni e delle Province Autonome, in un lavoro congiunto di monitoraggio svolto utilizzando diverse tecnologie.
La Spezia dunque rimane sotto la soglia del 9% di territorio provinciale coperto artificialmente, un totale di 7.889 ettari, tre in più rispetto al 2016. Monza e Brianza si conferma la provincia con la percentuale più alta, con circa il 41% di suolo consumato in rapporto alla superficie provinciale e un ulteriore incremento significativo di 35 ettari. Sopra il 20% troviamo le province di Napoli (34%), Milano (32%), Trieste (23%) e Varese (22%) e, poco al di sotto, Padova (19%) e Treviso (17%).

A livello comunale invece “si rileva che diversi comuni superano il 50%, e talvolta il 60%, di territorio consumato. Sono spesso comuni piccoli o medio piccoli che mostrano una tendenza a consumare suolo con dinamiche che si ricollegano ai processi di urbanizzazione dei rispettivi capoluoghi di provincia, con le caratteristiche tipiche di un’unica area metropolitana o piccolissimi comuni con i limiti amministrativi coincidenti, di fatto, con l’area urbanizzata”, spiega il report. La tendenza dunque ad andare ad abitare “in provincia” ma nelle zone più prossime ai capoluoghi porta i territori ai limiti della città a subire l’onda dello sviluppo urbano.
Ci sono poi casi limite, come quello di Sissa Trecasali che, in un certo modo, riguarda proprio la Spezia. Il piccolo comune del Parmense è quello che ha vito il maggiore consumo di suolo nel 2017. Il motivo? Le opere per estendere l’A15 La Spezia-Parma in direzione Brennero che hanno portato i cantieri dell’autostrada ad occupare zone agricole. “Il paese, di neanche 8mila abitanti, è il primo comune italiano per consumo di suolo nel 2017, con 74 ettari di suolo naturale persi. Sui 455 ettari totali che hanno perso la loro naturalità nella regione, 107 sono serviti per l’infrastruttura, mentre una superficie di quasi 115 ettari è frutto di una conversione da aree agricole a industriali o commerciali”.
Tornando alla provincia spezzina, a ogni abitante da Luni a Deiva Marina corrispondono 357 metri quadrati di cemento o affini, meno che a Savona (446 mq) e Imperia (420 mq) ma il doppio rispetto a Genova (184 mq). E’ la Val di Vara la zona in cui il suolo artificiale è maggiormente presente rispetto agli abitanti. In tutta la fascia montana da Calice al Cornoviglio fino a Varese Ligure e poi a scendere fino a Pignone e con un’incursione alle Cinque Terre (Monterosso) siamo sopra i 1.100 mq pro capite. Seguono Bonassola, Carro, Brugnato e Riccò del Golfo con circa 850 mq di suolo consumato pro capite, poi Vernazza e Deiva Marina che sforano i 650mq. In ogni caso la Riviera Spezzina rimane l’unico tratto di costa di tutta la Liguria che rimane al di sotto di un 15% di suolo non più naturale. La Spezia città è infine seconda solo al capoluogo regionale come chilometri quadrati consumati: sono 15.

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