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Cinque mesi in mare a caccia di pirati

Nave Fasan rientra alla Spezia dopo aver pattugliato il Corno d'Africa nell'operazione Atalanta. L'ammiraglio Marzano: "Zona vitale per gli interessi del Paese". Ora due mesi in arsenale per un check up ai motori.

Sono in mano dell’autorità giudiziaria delle Seychelles i sei, per adesso presunti, pirati che la fregata “Virginio Fasan” ha fermato nel mare del Corno d’Africa lo scorso mese. Li ha consegnati alla magistratura dello stato insulare l’unità della Marina militare che in quel momento era la nave di bandiera dell’operazione Atalanta, una missione europea per rendere sicura la navigazione in un lungo tratto di mare dove passa una percentuale significativa dei commerci mondiali. Oggi colui che è stato comandante dell’operazione Atlanta, il contrammiraglio Fabio Gregori, ha potuto raccontare di persona quella che è stata la fase più delicata di un’operazione che per cinque mesi ha impegnato la Fremm tra Oceano Indiano e Golfo di Aden.
Nave Fasan era partita il 14 luglio scorso dalla Spezia dove ieri ha fatto ritorno, con un giorno d’anticipo sulla tabella di marcia. Per il suo equipaggio ci sono quasi due mesi di licenza alle viste, e sicuramente tante storie da raccontare. A partire dall’arresto in mare di metà novembre. “Era il 16 quando abbiamo ricevuto il primo avviso di un tentativo d’attacco da parte di una nave portacontainer in navigazione al largo della Somalia – racconta l’ufficiale – Poche ore dopo una seconda segnalazione, questa volta da parte di un peschereccio d’altura di proprietà di un armatore spagnolo mentre noi già ci eravamo diretti nella zona interessata”.

Sui radar di Nave Fasan le uniche tracce sono quelle di due imbarcazioni, inusuale la grande distanza dalla costa per due natanti di quelle dimensioni. “Abbiamo a quel punto lanciato uno degli elicotteri che ospitiamo a bordo, che si è avvicinato per scattare foto e riprendere video. Queste immagini sono state confrontate con quelle scattate da una delle navi attaccate. Il giorno dopo all’alba ci siamo avvicinati per un’ispezione. Ciò che abbiamo trovato a bordo ci ha suggerito di avere abbastanza elementi per far scattare il fermo”.
Sulle due imbarcazioni nessun’arma – i kalashnikov sono i primi a finire buttati a mare in questi casi – ma indizi che lasciavano pochi dubbi: le reti da pesca strappate e inservibili, niente ghiaccio a bordo e neanche sale per la conservazione del pescato, diverse taniche di gasolio per rimanere in mare a lungo ma che, d’altra parte, tolgono spazio al pesce. Difficile fossero effettivamente pescatori. D’altra parte molti di questi pirati erano un tempo davvero pescatori. “A quel punto abbiamo diretto sulle Seychelles, uno dei Paesi con cui esistono accordi precisi in tal senso, e il 22 novembre gli abbiamo consegnato i sei presunti pirati”. Anche personale della Brigata marina San Marco imbarcato a bordo, a loro spetta la sicurezza della nave da eventuali minacce in questo tipo di operazioni.

A tutti loro era arrivato il saluto dell’ammiraglio Donato Marzano, comandante in capo della Squadra navale, accompagnato dal contrammiraglio Angelo Virdis che guida la prima Divisione navale. “Questa nave si é dimostrata idonea per questo tipo di attività – afferma Marzano parlando del progetto Fremm – Dal punto di vista operativo non c’erano dubbi, abbiamo la conferma di poter fare affidamento su un’unità affidabile anche dal punto di vista della logistica. Avere pensato più in grande, predisponendo tanti posti in più per imbarcare la brigata San Marco e gli elicotteristi è stato un vantaggio”. Nel ruolo flag ship, Nave Fasan ha assunto il comando di altre unità europee che partecipano ad Atalanta, provenienti da Germania, Olanda e Spagna.
Ma è uno sforzo mondiale quello di mantenere un canale sicuro per la navigazione su quella parte di tratta tra Europa e Asia. In zona operano infatti anche Russia, Cina e India con le proprie marine militari. Ognuna sorveglia un braccio di mare contiguo, con vantaggio comune. “Avete assolto a una missione importante in un teatro vitale per gli interessi strategici del Paese – aveva arringato il comandante della Squadra navale sul ponte di volo di Nave Fasan – per cui è essenziale sia libera da pericoli. La pirateria é ancora esistente nell’area, ma la nostra presenza funge da deterrente”. Con l’arrivo della stagione dei monsoni anche le attività illecite si fermano. Nave Fasan rimarrà in arsenale per un check up ai motori diesel fino a febbraio 2018. In futuro altre Fremm potrebbero essere impiegate in questo tipo di attività. In questo senso, ora è il Mar Rosso a preoccupare gli analisti internazionali.

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