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L'ultimatum

Cavo Dragone: "Assunzioni in arsenale necessarie entro il 2025"

Il capo di stato maggiore della Marina ha parlato della situazione locale a margine della cerimonia di brevetto di otto nuovi incursori nella base del Comsubin.

E’ stato forse il corso più complicato di sempre, quello concluso con successo da 8 allievi incursori che questa mattina hanno ricevuto il brevetto direttamente dalle mani del capo di stato maggiore della Marina, l’ammiraglio di squadra Giuseppe Cavo Dragone. A renderlo diverso dagli altri, neanche a dirlo, sono state le particolari condizioni imposte dall’epidemia di coronavirus, nemico invisibile che ha costretto gli aspiranti all’interno di una bolla sanitaria mentre gli istruttori si sono trovati a svolgere un superlavoro sia in termini operativi che di orario.

Non a caso durante la celebrazione gli ufficiali hanno parlato di miracolo riferendosi alla conclusione del 71esimo corso incursori.
Anche l’ammiraglio Dragone, comandante del Raggruppamento subacquei e incursori della Marina tra il 2008 e il 2011, si è complimentato con i nuovi incursori, “per aver concluso un percorso martoriato dalla situazione pandemica” e “per aver ottenuto l’ambito basco verde”, e con l’ammiraglio Massimiliano Rossi, attuale numero uno del Varignano, per aver portato al brevetto un numero così cospicuo di ragazzi.
A margine della cerimonia il capo di stato maggiore ha confermato che “da parte della Marina rimane alta l’attenzione per lo sviluppo del polo della subacquea, centro di eccellenza che va proposto coinvolgendo anche i soggetti esterni alla forza armata: i centri di ricerca, l’università e l’industria devono far parte di un elemento così importante per l’Italia storicamente e non solo. Quando ero qua – ha ricordato Cavo Dragone – se ne parlò tanto, ci sono tanti stakeholder e la Marina deve avere una posizione catalizzante e di raccordo”.

Riguardo al futuro dell’arsenale l’ammiraglio di squadra ha spiegato dell’esistenza di un piano industriale portato all’attenzione del Comando logistico e delle organizzazioni sindacali. “C’è volontà di migliorare la situazione dello stabilimento spezzino e di far crescere il rapporto di sintesi con La Spezia, affinché sia utile a entrambi, tanto ai civili quanto a noi militari”.
“Il problema dell’arsenale spezzino – ha proseguito – è quello del personale, militare e civile. Rischiamo di perdere capacità che non recupereremo mai più. Secondo i nostri calcoli il 2025 è l’anno entro il quale se non facciamo qualcosa per porre rimedio a questa situazione perderemo per sempre qualcosa di grande pregio. Siamo d’accordo con i politici locali, che hanno perorato questa causa, che alla Spezia, come a Taranto, occorrono assunzioni che saranno benefiche sia per il tessuto economico locale che per la forza armata. L’outsourcing ha dei costi e porta al depauperamento di capacità specifiche che sono sempre state il fiore all’occhiello della Marina italiana”. Una posizione che ricalca in tutto e per tutto quella dei sindacati e del territorio. La palla è nelle mani del parlamento.

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