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Ambientalisti, le osservazioni al ministero: "Turbogas da respingere"

Le associazioni Posidonia, Italia Nostra, Legambiente, Lipu e Vas illustrano i punti segnalati al ministero dell'Ambiente nell'ambito della procedura di Via per la conversione della centrale Enel.

Centrale Enel

Anche le associazioni ambientaliste Posidonia, Italia Nostra, Legambiente, Lipu e Vas (così come l’amministrazione comunale, leggi qui) hanno presentato le osservazioni al ministero dell’Ambiente rispetto al progetto per la sostituzione dell’unità a carbone con una nuova unità a gas per la centrale Enel “Eugenio Montale”.

Nella premessa generale le associazioni hanno contestato il ricorso ad un uso massiccio del gas naturale come combustibile da usare nella transizione energetica, domandandosi se il gas metano possa davvero aiutare il nostro Paese a raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione. Come noto, la molecola del metano ha un “effetto serra” maggiore della CO2, ma grazie a una vita di 10 anni non ha destato fino ad oggi grosse preoccupazioni.
“Ma dopo dieci anni – spiegano gli ambientalisti – metà del metano si trasforma in vapore d’acqua e in CO2. A parità di apporto energetico, il metano è responsabile di minori emissioni CO2 rispetto al petrolio (25% in meno) e ancor meno del carbone (quasi la metà), ma questo non vuol dire non essere un gas climalterante. E visto il tema dell’urgenza e dell’emergenza climatica, questa appare da sola già una motivazione sufficiente a ritenere che il metano non è una risorsa energetica che fa bene al clima.
La seconda domanda da porsi è che senso abbia investire denaro pubblico per aumentare le capacità di approvvigionamento di un gas fossile nel nostro Paese? Vista l’attuale sovraccaricato delle centrali a metano esistenti in Italia, quali vantaggi porterebbe al nostro Paese continuare ad investire in nuove centrali a metano, visto il sottoutilizzo di quelle esistenti?”.

“Per raggiungere gli obiettivi di riduzione dei gas serra secondo noi il nostro Paese deve, fin da subito, iniziare ad investire in modo massiccio sulle fonti rinnovabili, a partire da solare ed eolico, ma non solo”.
Nello specifico, secondo le associazioni, la scelta di localizzare alla Spezia un nuovo impianto termoelettrico a gas, nell’ambito dell’attuale politica energetica nazionale, è inaccettabile e contraddittoria sulla base delle considerazioni che seguono:
– non si avrebbe, per quanto detto, alcun effetto benefico generale e locale sui cambiamenti climatici, a seguito della sostituzione del carbone con gas, ma si continuerebbe la corsa insensata e forsennata verso la catastrofe ambientale;
– si confermerebbe l’obsoleto modello energetico attuale basato sulle fonti fossili e sulla produzione accentrata, invece di virare decisamente verso la produzione distribuita e le fonti rinnovabili;
– resterebbe ingiustificato, per una presunta esigenza di stabilità della rete, il ricorso a centrali turbogas che sono della stessa sostanziale tipologia di quelle che contemporaneamente si dismettono in altre parti d’Italia da parte della stessa Enel, in quanto costose e poco competitive rispetto agli impianti a fonti rinnovabili;
– si continuano a ignorare o sottovalutare tutte le tecnologie legate alle fonti rinnovabili in grado di conferire una maggiore programmabilità alle produzioni ed un maggiore equilibrio della rete, come gli accumuli elettrochimici e gli accumuli a sali fusi;
– si continua a ignorare l’improrogabile esigenza di attuare idonee ricerche e investimenti nelle smart grid, settore che accusa inquietanti ritardi, in modo da predisporre le reti per un maggior apporto di fonti rinnovabili e per un più efficace scambio di servizi tra produttori e gestori di rete.

Per quello che attiene la Valutazione di impatto sanitario, presentata da Enel nell’ambito della Valutazione di impatto ambientale, oltre ad altre considerazioni, la nostra principale critica riguarda la mancanza, in tutta la Vis, una valutazione su come i nuovi livelli di emissione andranno accumularsi con altre sorgenti inquinanti presenti nel territorio spezzino.
“Altri punti critici nello studio di impatto ambientale sono la mancanza di una valutazione non solo delle emissioni future dell’impianto, quelle attraverso i camini, ma anche di quelle “ fuggitive”; la sottovalutazione di possibili emissioni inquinanti di polveri (che non è vero che siano a livello 0, pur essendo molto ridotte rispetto al carbone le polveri ci sono), di benzene e altri idrocarburi, di formaldeide, di metalli pesanti come zinco, bario, vanadio, nichel, cromo, cadmio, piombo, mercurio; questo soprattutto in relazione ai notevoli volumi di combustibile bruciato.
Tra gli altri inquinanti non dichiarati, vi è il gas metano (principale componente del gas naturale), che viene rilasciato da perdite ineliminabili dalle condotte che lo trasportano alle turbine (1,4%).
Un altro dato preoccupante che riguarda le emissioni è la cosiddetta “portata dei fumi” in cui si evince che, rispetto alla situazione attuale (funzionamento a carbone del gruppo SP3) in cui, con “fumi secchi al 6% di O2” il valore complessivo è di 2,15 x 106 Nm3/h, con la configurazione finale della centrale a gas tale valore, riferito a “fumi secchi al 15% di O2” quasi raddoppia: 4,15 x 106 Nm3/h.
Per i motivi succitati, come da premessa e dalle altre considerazioni, le scriventi sigle ritengono che il progetto di costruzione di una centrale a turbogas, realizzata in due fasi (ciclo aperto OCGT, ciclo chiuso CCGT) sia da respingere”, concludono le associazioni.

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