“Poco meno di un anno fa il Covid-19 si era portato via don Franco Sciaccaluga, grande appassionato di canto e decano del clero diocesano. Ora il virus ha fatto altrettanto con suo fratello Giorgio, di un anno più anziano. E sebbene Giorgio, nato nel 1926, vivesse ormai da tempo ad Albenga, con la figlia e il nipote, il lutto e il dolore sono forti anche alla Spezia. I fratelli Sciaccaluga erano cresciuti nel quartiere operaio di piazza Brin, alla scuola di un parroco indimenticabile come don Antonio Mori, che preparava i ragazzi ad essere buoni cristiani ma anche buoni cittadini, in vista di un’Italia libera e democratica. Fu un’esperienza formativa straordinaria, come è documentata dalle storie personali di quei “ragazzi”: storie diverse tra loro, ma accomunate da sentimenti di amicizia che il tempo e lo spazio non hanno mai potuto incrinare, così come da una “fedeltà” profonda ai valori nei quali, spesso sotto le bombe alleate o tra le violenze fasciste, erano stati educati. Le famiglie erano alla base di quei sentimenti, ma un aspetto merita di essere sottolineato: don Mori, con i suoi curati – su tutti, in quegli anni di guerra, don Dino Viviani -, svolgeva un compito suo proprio ma strettamente connesso proprio con le famiglie, dando voce e coraggio anche a chi non poteva averne. La storia del quartiere in quegli anni, stretta intorno alla chiesa le cui campane erano davvero una sorta di “Radio Londra” di quartiere, è anche storia di una vera “alleanza” educativa tra la comunità cristiana e le famiglie, modello forse anche per i nostri tempi. Sciaccaluga, così, fece parte, non ancora diciottenne, dei quattordici giovanissimi “resistenti” che, “agli ordini” di Ubaldo Capponi, nascondevano partigiani e stampavano, con il ciclostile della parrocchia, volantini clandestini. Dopo la guerra fu a lungo insegnante di educazione tecnica, scenografo ed autore di libri scolastici oltre che di disegni, come quelli dedicati al suo quartiere: le “Tavole di piazza Brin”, realizzate con Sergio Fregoso e Claudio Di Prisa, con testi di Renzo Fregoso e Umberto Cortis. Era davvero uno degli ultimi testimoni di una generazione di cui in tanti sentiamo la mancanza. Grazie, Giorgio!”
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