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"No al carbone e ai rifiuti nella centrale Enel"

Il comitato 'Spezia via dal carbone' analizza le prescrizioni del parere istruttorio e ritorna alla carica con osservazioni e richieste. E mette in guardia sul fronte dell'utilizzo di "altri combustibili".

centrale Enel

La partita per la chiusura del gruppo a carbone della centrale Enel è ancora aperta, almeno per il comitato ‘Spezia via dal carbone’, che, analizzato il verbale prodotto in sede di Conferenza dei servizi il 7 giugno scorso nell’ambito della procedura di rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale dell’impianto di Vallegrande, ritorna ad avanzare osservazioni e richieste. Ma quello che emerge a sorpresa è che per una vertenza ancora aperta, sembrano esserci tutte le condizioni perché se ne spalanchi un’altra dai rivolti altrettanto inquietanti, quella per evitare che nella centrale termoelettrica spezzina possano finire combustibili derivanti dai rifiuti. Un’eventualità smentita a più riprese dal sindaco, Massimo Federici, da tutta l’amministrazione comunale e dall’attuale ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando, ma che trova giustificazione nei fatti, a cominciare dalla drammatica situazione della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti nello Spezzino (proprio questa mattina alle 10 si svolge un presidio sotto la prefettura contro l’apertura della discarica di servizio a Mangina), accompagnata dalla possibilità che Acam ambiente venga in buona parte privatizzata, da un decreto ministeriale di pochi mesi fa e da alcune frasi ‘sibilline’ contenute nel testo dell’Aia in fase di approvazione.
Daniela Patrucco e Marco Grondacci, per conto del comitato, hanno così esposto ieri pomeriggio al Distrò una miriade di punti sui quali incalzano la commissione che si riunirà per l’approvazione del parere istruttorio e lo stesso ministro Orlando, cui spetterà l’ultima parola.

Le obiezioni: tutto quello che non torna.
Andiamo con ordine. Il contrasto principe è quello che riguarda la mera interpretazione dell’Aia, sul quale comitato e Comune si scontrano da ormai due anni. “L’amministrazione si limita a considerare i parametri delle migliori tecnologie possibili e del limite delle emissioni, mentre noi – ha spiegato Patrucco – diciamo da sempre che bisogna tenere conto della specificità del sito sia su base ambientale che sanitaria. Una tesi confermata solo pochi giorni fa dal dottor Stefano Laporta, direttore generale dell’Ispra, nel corso di una audizione presso la Commissione ambiente della Camera. In secondo luogo il fatto che le soglie di emissione siano definite in base alla capacità dell’impianto e che rispondano ai limiti di legge non garantisce che non abbiano effetto su ambiente e salute. Nel verbale si legge che Enel avrà tre anni per mettersi a norma rispetto alle prescrizioni date: se a questo si aggiunge il fatto che l’eventuale Aia arriverà con un ritardo di cinque anni, la nostra valutazione su questa vicenda è assolutamente negativa”.
Ecco allora che laddove non dovessero arrivare la commissione Aia e il ministro, per il comitato Spezia via dal carbone potrà arrivare la magistratura. “I quattro esposti che in questi mesi abbiamo depositato in procura – ha proseguito Patrucco – non hanno portato a nessuna indagine, ma le speranze derivano dagli esiti della perizia richiesta dalla procura di Savona per la centrale di Vado sulla correlazione tra la combustione del carbone e le patologie”. E stando alle indiscrezioni riportate da Stefano Sarti, vice presidente regionale di Legambiente, dal documento emergerebbero dati “spaventosi”. Ma le battaglie legali potrebbero andare oltre, con il ricorso al Tar del Lazio e la richiesta di intervento del Parlamento e della Commissione europea.
“I margini per fare ancora molto ci sono ancora tutti, a cominciare dai due passaggi che mancano al rilascio dell’Aia: sia la commissione che il ministro possono ancora rimandare la documentazione alla Conferenza dei servizi o chiedere un supplemento di istruttoria. A nostro avviso – ha detto infatti Grondacci – sono stati sottovalutati i principi innovativi applicabili sulla gestione dell’impianto rispetto al territorio e c’è stata una carenza nel monitoraggio dei microinquinanti, derivante da un piano regionale per la qualità dell’aria non aggiornato e dall’assenza di centraline di controllo appropriate”. Mi punti oscuri, secondo Grondacci non finiscono certo qua: numero elevato di accensioni e spegnimenti (sui quali insiste anche una normativa europea non presa in considerazione), vetustà della centrale, problemi nello stoccaggio dei materiali e incidenti degli ultimi anni mai presi in considerazione, tutte problematiche di tipo strutturale non risolte dalle prescrizioni del parere istruttorio.
“La riduzione delle emissioni richiesta dalla Conferenza dei servizi è troppo ridotta e sarà raggiunta solo dopo tre anni, periodo in cui il monitoraggio delle emissioni rimarrà mensile, per diventare giornaliero solo in seguito. Quando sarebbe applicabile immediatamente, come peraltro prevede la legge. Inoltre – ha aggiunto Grondacci – i limiti che saranno imposti non sono nemmeno lontanamente paragonabili con quelli di centrali di nuova generazione e non si fa nessun riferimento alla chiusura del gruppo a carbone, che sarà così utilizzato per altri otto anni”.
E quindi la questione della combustione dei rifiuti. “In un punto del parere istruttorio si fa riferimento al rispetto dei parametri dei inceneritori, più stringenti di quelli per le centrali a combustibile fossile. Questo unito al fatto che nelle prescrizioni si fa esplicito riferimento ad ‘altri combustibili’ è molto preoccupante. Un recente decreto del governo Monti permette già, con debite modifiche, di procedere con l’utilizzo di combustibili ottenuti dai rifiuti con una semplice comunicazione di inizio attività. E allora perché specificarlo nel testo dell’Aia? Vista la situazione del ciclo dei rifiuti spezzino e quella societaria di Acam ambiente, viene proprio da pensare che il rischio che la spazzatura spezzina finisca a Vallegrande sia più vicino di quanto non ci vogliano far pensare. Anche perché al di là delle dichiarazioni, nei fatti il Comune non ha fatto nulla per impedirlo, ad esempio non opponendosi esplicitamente al progetto appositamente presentato da Enel qualche tempo fa”.
Infine le questioni relative al monitoraggio su ambiente e salute previsto dalla Conferenza dei servizi.
“Da sempre sosteniamo che il parere sanitario del sindaco sia vincolante, e recentemente una sentenza del Tar lo ha confermato. Eppure oggi ci troviamo nella condizione per cui un’analisi che poteva essere iniziata nel 2007 è stata avviata da pochi mesi, a fine 2012. Abbiamo sempre chiesto – ricordano Patrucco e Grondacci – che venisse fatta prima del rilascio dell’Aia, non dopo. La cosa assurda, e che è stata salutata come una vittoria dal Comune, è che dopo un anno, se i risultati lo richiederanno, si potrà procedere a revisione dell’Aia. Ma questo è già stabilito dalla legge, sia sotto richiesta del ministro dell’Ambiente, in caso di novità dal punto di vista tecnologico, sia dal sindaco, in caso di dati sanitari che lo richiedano. Altro paradosso, è che nella relazione realizzata dall’Istituto superiore di sanità per conto del Comune sulla dispersione dei macro e microinquinanti, si evidenzia come i primi interessino i territori del Ponente del golfo, sino a Porto Venere, e quelli delle valli del Vara e del Magra, ma nessun sindaco dei Comuni limitrofi si è mai interessato a questo aspetto, cosa sulla quale li avevamo messi in guardia. Non se la passano meglio i cittadini del comune capoluogo, sul quale invece ricadono i microinquinanti”.

Le richieste.
Prima di tutto il comitato ritorna a battere sulla convinzione che il principio di precauzione debba portare alla riduzione del 50 per cento dell’utilizzo del gruppo a carbone per ridurre l’impatto ambientale e di conseguenza sulla salute, in attesa di dati certi. Per precauzione, appunto. Diversa è l’opinione dell’Istituto superiore di sanità, che ritiene che per intervenire in tal senso occorrano ragionevoli motivazioni scientifiche. Un dibattito tecnico (a quanto pare) che è già andato in scena una ventina di giorni fa in Sala Dante.
Inoltre Spezia via dal carbone ritorna a chiedere che il coke sia eliminato nel giro di tre anni, con il dimezzamento dell’utilizzo del gruppo a favore di quelli a metano. Una posizione condivisa con Legambiente e Greenpeace, ma anche da Rifondazione comunista e da Sel, “ma l’appoggio dei partiti – ha dichiarato scettico Grondacci – rimane lettera morta, se si limita a dichiarazioni sui giornali. Facciano qualcosa, come abbiamo fatto noi”.
Il monitoraggio, chiedono ancora i membri del comitato, avvenga tenendo adeguatamente conto delle condizioni ambientali e di salute del territorio e preveda l’inclusione di due membri di Spezia via dal carbone.
“Dal contenuto del verbale frutto della Conferenza dei servizi – ammettono Grondacci e Patrucco – si direbbe che le nostre osservazioni e le nostre richieste non abbiano ricevuto molto ascolto, ma nel corso dell’audizione abbiamo riscontrato una grande attenzione soprattutto nel momento in cui abbiamo sostenuto che il quadro tecnico portato da Enel sul suo impianto non corrisponde ad una reale fotografia dell’esistente, in maniera tale da dover rispettare parametri meno stringenti. Vedremo nelle prossime settimane che cosa accadrà”.
L’unica cosa certa è che la partita, da giocare sul piano normativo senza dimenticare quello politico, sarà ancora lunga e complessa, e che il 29 giugno dalla città e dal golfo si alzerà ancora una volta il grido “No al carbone!” (leggi il programma qui).

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