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Il sabato del Miraggio

Il sabato del Miraggio – Ma quando la finiamo?

di Salvatore Di Cicco

Guerra in Libia

Ci mancava solo questa. Una guerra vera e propria (anche se qualcuno ha pensato bene di chiamarla “guerra umanitaria”) alle porte di casa nostra.
Sia chiaro, non è l’unica e non sarà l’ultima. Il mondo è punteggiato di guerre, più o meno dimenticate, alle quali ci rifiutiamo di porre attenzione perché qualcuno decide dove concentrare l’attenzione dei poveri mortali, soprattutto quando entrano in gioco interessi economici, in questo caso legati alle fonti di energia.
Fatto sta che, dopo la crisi mondiale (di cui non si vede la fine) e quella di casa nostra (ancor più lontana dalla soluzione), sono arrivati prima il terremoto del Giappone e poi la “guerra umanitaria” in Libia a sconvolgere ulteriormente gli equilibri di questo povero mondo che si credeva infallibile e iperpotente ma che invece si scopre sempre più inerme di fronte alle emergenze di ogni tipo.
In questo quadro poco allegro, anzi piuttosto allarmante, l’Italia non fa in tempo a cominciare i festeggiamenti per il 150° della sua unità e già si scompone in mille pezzi di fronte all’invasione (prima temuta, poi concreta) proveniente dal nord Africa. Tra chi propone di dare soldi a questa gente purché se ne torni a casa propria (come se tutti fossero usciti di casa per un picnic) e chi suggerisce di rispedirli comunque al mittente (che non esiste) c’è anche qualche temerario che prova addirittura ad offrire ospitalità ai poveri reietti. Tra una posizione e l’altra, poi, un esercito di parolai che hanno da proporre mille e mille altre soluzioni, esclusa quella di impegnarsi in prima persona.
Da questo quadro abbastanza deprimente non è facile venir fuori con una idea che aiuti a superare il momento delicato che attraversiamo.
A livello internazionale, per esempio, non è stato un bel vedere il rimpallo di responsabilità (e/o di meriti) fra un paese e l’altro. Tra interessi economici e calcoli di vantaggi presenti e futuri, ancora una volta è venuto meno il primo e vero oggetto-soggetto della questione: l’uomo, l’uomo in quanto tale, senza colori e senza bandiere, colpevole o fortunato per essere venuto al mondo in un posto invece che in un altro. L’egoismo spinto al massimo ripropone in questi casi l’irrinunciabile difesa dei diritti dell’uomo, quelli sanciti dal primo articolo della “Dichiarazione universale dei diritti umani”, la cui firma risale al 10 dicembre 1948. Tale articolo, infatti, dice testualmente:?”Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”.
Oggi, invece, ci rendiamo conto che non sono bastati gli orrori della seconda guerra mondiale a far dimenticare la natura poco umana della specie a cui apparteniamo:?mille occasioni hanno offerto il destro per rinnovare quegli orrori (Vietnam e Jugoslavia su tutti). Eppure quella “Dichiarazione” è e rimane la pietra miliare della convivenza civile. Sempre che vogliamo continuare a dichiararci civili. Per questo mi chiedo:?“Ma quando la finiamo?”