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Il sabato del Miraggio

Canta che ti passa

di Salvatore Di Cicco

Import 2013

I numeri parlano chiaro. La crisi infinita che stiamo attraversando ci riporta al primo dopoguerra, quando sullo sfondo di un paese allo stremo c’erano solo macerie e solo un filo di speranza. Oggi le macerie sono di un altro tipo ma più difficili da smaltire. Non c’è stata una guerra, per fortuna, eppure la sensazione è quella di trovarci di fronte ad una catastrofe non solo economica ma soprattutto morale.
La cronaca ci ricorda ogni giorno che siamo circondati da connazionali che badano soprattutto, per non dire solamente, ai fatti propri, innescando un effetto domino che pesa sulla “cultura” di un popolo che sembra aver smarrito il suo percorso virtuoso, sostituito da uno scarsissimo senso dello stato.
Tutto questo si riflette non solo sui conti pubblici, taglieggiati da sprechi, ruberie e tutto il contorno di piccoli-grandi trucchi per evitare di contribuire alle spese della comunità. Da questa condizione di degrado morale, infatti, deriva anche un atteggiamento che potremmo definire come facce di una stessa medaglia. Da un lato, infatti, ci sono coloro che cinicamente continuano ad infischiarsene altamente, dall’altro quelli che subiscono pesantemente le conseguenze economico-sociali per scivolare lentamente ma inesorabilmente verso una condizione di povertà non più passeggera ma cronica.
Di fronte a questo spettacolo, che pure avrà i suoi poco onorevoli responsabili, difficile pretendere che si continui ad invocare un altro “miracolo italiano” perché oggi proprio coloro che avevano contribuito alla realizzazione di quel miracolo sono sotto accusa per aver dilapidato un tesoro costruito sulle fondamenta delle gemerazioni precedenti.
Questo non vuol dire che bisogna essere e rimanere pessimisti, anche se il timpne della barca Italia fatica a mantenere una rotta immune da pericoli. è vero anche, però, che non ci si può girare dall’altra parte quando ci accorgiamo che siamo tutti sulla stessa barca e prima o poi potrebbe capitare a noi di annaspare fra le onde e cercare una zattera per restare a galla e sperare di approdare sulla terra ferma.
“Canta che ti passa” si diceva una volta, quando le cose non andavano bene. Era più un augurio che una presa in giro. Oggi si rischierebbe di essere insultati e mandati a quel paese perché la serietà del momento non permette di scherzare. Ma che senso avrebbe abbandonarsi al pessimismo e non cercare invece alternative? Non basterà solo fare scongiuri e tanto meno mettersi a cantare ma bisogna pensare a qualcosa di nuovo, anzi di vecchio, per venir fuori dalla stagnazione che ci affligge. Guardare indietro, in certi momenti, può aiutare perché proprio dal passato, cioè dall’esperienza, può nascere l’alternativa al pessimismo di oggi. Non tanto e non solo per quanto riguarda il lavoro e tutto ciò che ne deriva quanto per lo spirito con cui affrontare le prove che la realtà ci costringe ad affrontare. Prove che molti non immaginavano ma che altri hanno già affrontato. Per questo è necessario fare tesoro dell’esperienza e convincersi che dopo il temporale tornerà il sereno.